Lo Stradone Corato

LO STRADONE DICEMBRE 2004

Riccardo Cusanno

Presidente della Federazione Nazionale Alberghiera Venezuelana la “FENAHOVEN”

Di Giuseppe D’Introno

Il sig. Riccardo Cusanno è uno di quei Coratini che è riuscito a far parlare di sé all’estero e portare il nome della nostra Città in giro per il mondo.

Vive nella capitale venezuelana di Caracas da quando ancora giovane ha lasciato il nostro paese, ma le sue radici con Corato sono ancora ben salde e profonde.

Questa volta è tornato in Italia per donare un dipinto della Madonna di Coromoto, protettrice del Venezuela al Santuario di San Pio a San Giovanni Rotondo.

L’iniziativa, coordinata dal locale club Italo – Venezolano, ha assunto un carattere ufficiale per la presenza delle importanti personalità intervenute: Padre Pedro Freites Romero, rappresentante della Conferenza Episcopale Venezuelana; Angela Delgado de Salazar, rappresentante dell’Ambasciata di Venezuela e Pablo Herrera Maldonado quale rappresentante venezuelano presso la Città del Vaticano.

Proprio in quel Venezuela, lontana terra di emigrazione dove i nostri padri e i nostri nonni sono dovuti partire per costruire un futuro migliore per i propri figli e le loro famiglie, anche Riccardo Cusanno è giunto con la speranza di migliorare la propria condizione e di riscattare la personale natura di emigrante.

Oggi ricopre l’importante carica di Presidente della Federazione Nazionale Alberghiera Venezuelana la “FENAHOVEN” e rappresenta un valido punto di riferimento per tutta la comunità italiana in Venezuela.

Negli ultimi anni si è battuto affinché la ricettività alberghiera venezuelana si trasformasse in una vera e propria industria dell’ospitalità attraverso la costituzione di scuole tecniche per il turismo. I corsi di studio hanno consentito di formare importanti figure lavorative con conoscenze e preparazione qualificate da inserire nel circuito alberghiero nazionale.

Mad1

“A tal riguardo c’è ancora tanto da fare per il turismo in Venezuela – ha ammesso il sig. Cusanno - infatti solo la specializzazione dei nostri giovani con la conoscenza delle lingue straniere, delle normative e di un particolare stile di accoglienza potrà consentire la crescita dell’industria alberghiera venezuelana e servirà ad attirare qui i turisti da ogni parte del mondo.

Porto sempre nel mio cuore L’Italia e in particolare Corato, però, oggi la mia casa è in Venezuela dove con il sudore del lavoro e i sacrifici sono riuscito a ritagliarmi un ruolo di tutto rispetto e ho fatto sicuramente onore alla mia Nazione e alla mia città di origine.

Tanti sono gli italiani e i figli di italiani che vivono ancora in Venezuela ma purtroppo non tutti hanno trovato in queste terre la fortuna sperata e delle concrete prospettive di crescita e miglioramento sociale. Esistono famiglie italiane che conosco bene – ha aggiunto Riccardo Cusanno – che sono in condizioni disagiate e rasentano la fame.

Per tutti questi lo stato Italiano non si è mai interessato. Le Ambasciate e i Consolati italiani funzionano purtroppo ancora male e non offrono un valido sostegno alla nostra importante quanto numerosa comunità.

Il voto degli italiani all’estero è un grande passo in avanti per quello che riguarda la rappresentanza dei nostri cittadini all’estero, ma a questo deve seguire un vero interessamento dell’Italia ai problemi che vivono gli italiani lontano dalla propria terra.

Anche la città di Corato negli ultimi anni non ha saputo tenere ben saldo quel legame con il Venezuela, né le amministrazioni che si sono succedute hanno mai cercato di trovare dei temi che potessero collegare in maniera indissolubile le nostre comunità lontane.

Spero, con tutto il cuore, che quel legame per tanti anni spezzato si ricostituisca e rinsaldi affinchè i nostri emigranti possano ripensare Corato come la propria città natale che non gli ha mai abbandonati”.Riccardo cusanno a casa sua

LO STRADONE GENNAIO 2007

PaganelliGiovanni Paganelli

La lotta contro i tumori come missione di vita

Tiziana Di Gravina

Questo mese vogliamo parlarvi di un uomo che sicuramente ha cambiato la vita di molte persone grazie alla sua dedizione e al suo impegno nel lavoro che svolge. Parliamo di Giovanni Paganelli, attualmente dirigente della Divisione di Medicina Nucleare presso l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano.

Apparso anche sui giornali per aver stretto, quando era medico dell’unità operativa di Medicina Nucleare al Bufalini di Cesena, un accordo di collaborazione con l’Ieo di Milano, a fianco del prof. Umberto Veronesi, Paganelli si impegna quotidianamente nella ricerca e nella lotta contro le malattie tumorali.

Nato a Corato il 13 marzo del 1955, Giovanni Paganelli si è laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Bologna, specializzandosi, in seguito, in Gerontologia e Geriatria nel 1985, e in Medicina Nucleare presso l’Università degli Studi di Firenze, quattro anni più tardi. Durante gli anni della specializzazione, prestando servizio in ambito ospedaliero, ha lavorato anche presso il settore Oncologico dell’ospedale Hammersmith, precisamente presso la Reale Scuola Medica per Laureati di Londra, dove ha messo a punto un nuovo metodo di imaging e terapia tumorale mediante anticorpi monoclinali, con il sistema detto Avidina-biotina.

Dal 1989 ha svolto attività di ricercatore presso il Dipartimento di Medicina Nucleare dell’Istituto Scientifico dell’Ospedale S. Raffaele di Milano. Interessandosi attivamente all’impiego in vivo del sistema Avidina-biotina e allo studio delle terapie dei tumori solidi, è considerato il pioniere dell’utilizzo del sistema 90Y-biotina e degli anticorpi nella radioterapia dei glomi, i più comuni tumori cerebrali.

Corato non può non essere orgogliosa di aver dato le origini ad un uomo che con i suoi studi ha dato un notevole contributo alla scienza e alla ricerca sulle malattie tumorali, perfezionando, recentemente, la tecnica dello linfoscintigrafia per la mappatura del linfonodo sentinella dei carcinomi della mammella. Ed è un orgoglio ancor più grande sapere che il premiatissimo medico porta sempre con se, nei suoi ricordi, il paese in cui è nato nelle persone che più gli sono state vicino e a cui resta affettuosamente legato, come i suoi famigliari e i padrini di Battesimo, Domenico Tarantini e Pina Rutigliano.

Vincitore, nel 1998, del premio “Marie Curie Award”, conferitogli dall’Associazione Europea di Medicina Nucleare, durante il Congresso Mondiale di Medicina Nucleare a Berlino, Paganelli ha svolto relazioni e seminari per numerose Istituzioni Universitarie italiane e straniere. I risultati delle sue ricerche finalizzate alla lotta contro i tumori, che nel 2000 l’hanno portato a vincere l’VIII premio per la Ricerca istituito dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, sono stati pubblicati sulle maggiori riviste scientifiche internazionali.

Un percorso quello di Giovanni Paganelli fatto di instancabili ricerche e numerosi studi che hanno reso possibile la sua nomina ad Esperto del Consiglio Superiore di Sanità.

I premi vinti, ultimo fra i quali quello conferitogli dal Settore Nucleare dell’Accademia di Medicina di New York, non sono di certo stato motivo per frenare il nostro coratino, a dir poco eccellente, nel suo costante impegno nel lavoro. Continua a prodigarsi per tutti coloro che si ammalano di tumore, proseguendo, attraverso i suoi studi, al loro fianco passo dopo passo senza mai abbandonarli.

Attualmente, infatti, Paganelli si sta impegnando nella ricerca di nuovi radiofarmaci per terapie mirate in campo oncologico e dedica tutto il suo sapere alla terapia con peptici radiomarcati. Nulla si può quindi contestare ad un uomo che ha fatto del suo lavoro una missione, dedicando la sua vita alle vite altrui, cercando di renderle migliori.

LO STRADONE GIUGNO 2007

Giovanna Labartino

Forte passione e tanta determinazione

Tiziana Di Gravina

Questo mese la rubrica “Coratini eccellenti” si veste per la prima volta di rosa per raccontare la grande determinazione di una giovane coratina. La nostra protagonista è Giovanna Labartino, nata a Bologna 27 anni fa. Dopo solo 15 giorni dalla sua nascita, per motivi di lavoro i genitori di Giovanna si sono trasferiti a Corato dove lei è cresciuta.“Il mio forte accento non lascia dubbi, sono coratina!”. Nella nostra città Giovanna ha vissuto una vita molto semplice e speciale nello stesso tempo, fra famiglia e amici. Dopo aver frequentato il Liceo Scientifico a Ruvo, dove ha maturato le più belle amicizie della sua vita, si è trasferita a Milano assieme a due cari compagni per studiare all’Università Bocconi laureandosi, nel 2003, in Discipline Economiche e Sociali con una tesi sul lavoro nero in Italia. La scelta degli studi è nata da una forte passione per la matematica, accresciutasi nel corso degli anni scolastici, e soprattutto per l’economia che lei vede come “una fonte inesauribile di domande a cui non c’è mai una sola risposta ma tante piccole sfide!”.Allontanarsi dalla famiglia non è stato facile, ma i suoi genitori e suo fratello Nicola le sono sempre stati accanto dandole coraggio e supporto. “Ho imparato a mettermi in gioco e ad essere indipendente. Pur non vivendo insieme la mia famiglia partecipa alla mia vita passo dopo passo, il suo sostegno è stato indispensabile per crescere e credere in me stessa”. Maturata la passione per l’economia del lavoro, Giovanna ha cominciato a collaborare con il relatore e il correlatore della tesi per un progetto di consulenza per il CNEL.

Ha lavorato come tutor per gli studenti e per la redazione di “Lavoce.info”, della quale facevano parte i suoi docenti. “Il lavoro era impegnativo ma gratificante e poi lavorare con delle persone così preparate e umane è stata la cosa più bella che mi potesse capitare”. Questo lavoro ha accresciuto la sua curiosità e la voglia di imparare sempre di più tanto da portarla a trasferirsi a studiare in Inghilterra presso l’Università di Essex “Volevo migliorare la lingua inglese e approfondire lo studio sull’economia del lavoro. In questo i miei docenti Tito Boeri e Pietro Garibaldi mi hanno aiutata con i loro saggi consigli”. Dopo il Master Giovanna voleva continuare con il dottorato. Le offrirono diversi posti in Inghilterra ma non aveva sufficienti fondi per continuare, così, dopo aver vinto una borsa di studio alla Bocconi è ritornata a Milano rinunciando alla realtà di Essex. “Vivere con una borsa di studio di dottorato non è affatto semplice, solo l’impegno e la passione ti aiutano ad andare avanti”.

Giovanna labartino

Il suo approdo a Washington Dc risale al luglio scorso quando i suoi insegnanti la invitarono a collaborare con loro ad un progetto del Fondo Monetario Italiano sui mercati del lavoro nei Paesi in via di sviluppo, un tema da lei studiato e approfondito. Dopo un breve ritorno in Italia, Giovanna vi è ritornata per una consulenza presso il dipartimento di Ricerca del Fondo. “Lavoro molto, fare ricerca richiede molto studio e impegno ma ho conosciuto un sacco di gente che arriva qui come me. Entrare in contatto con culture diverse aiuta a capire che non c’è solo un modo di guardare al mondo, e non ci sono modi giusti o sbagliati, ma semplicemente diversi”. Quando si sofferma a pensare alla sua esperienza non le sembra ancora vero aver raggiunto i suoi obiettivi, ma di certo di strada Giovanna, oggi 27enne, ne ha ancora molta da fare. Magari un giorno tornerà a lavorare a Corato, la città che porta sempre nel cuore assieme alle piccole cose e gesti che hanno reso speciale la sua giovinezza.

Didascalia: Giovanna Labartino nel giorno della sua laurea.

 

LO STRADONE FEBBRAIO 2008

Da Grenoble rivivendo il Capodanno coratino

L’aria sbalordita per coloro che dal dopo guerra non vedevano Corato

Di Alessandro Acella

L’associazione “Coratini di Grenoble” ha voluto inaugurare il 2008 ricordando le origini, cioè trascorrendo l’ultima settimana del 2007 proprio a Corato. Un gruppo di 62 amici d’oltralpe, quasi tutti con cognomi italiani, anzi coratini, si sono ritrovati con il desiderio di visitare la nostra città calamitando nel gruppo anche altri francesi che di Corato, finora, ne avevano soltanto sentito parlare.

“Molti −ha raccontato il presidente dell’Associazione, Sabino Ferrara − seppur con origini coratine vedono per la prima volta Corato, e sono rimasti sbalorditi pensando di trovare una città molto più piccola”.

La 64enne Graziella Lupo, ad esempio, è nata a Corato e, da quando aveva tre anni, vive a Grenoble. “Con la mia famiglia − ha raccontato con un velo sottile di emozione − ci siamo trasferiti in Francia perché mio padre voleva trovare un lavoro che garantisse un futuro rassicurante. Così iniziò a lavorare da subito in un tomaificio. E’ da allora che non vedo Corato perchè ormai qui non ho più parenti. Durante il viaggio, ho provato un’emozione indescrivibile, aspettandomi di trovare un piccolo paesino di provincia e invece ho piacevolmente ritrovato una grande città. Tuttavia mi preme fare un appunto: mi aspettavo una città più pulita, strade meno rotte. C’è da dire però che la cucina è buonissima, soprattutto i cappelletti con le cime di rapa”.

Nell’associazione sono iscritte oggi circa 700 famiglie che si riuniscono per fare viaggi, crociere e organizzare insieme allegri veglioni. Molto del lavoro, in particolare l’organizzazione dei viaggi, lo svolge la figlia del presidente: Marie Joubert Ferrara. “Da piccola venivo spessissimo a Corato − ha raccontato − e da allora molte cose sono cambiate. Qui ci sono tante usanze che in Francia non esistono: come la cura nell’allestimento dei pranzi di famiglia durate le festività. Per noi dell’associazione Coratini di Grenoble è importante rivivere le tradizioni delle nostre origini come abbiamo voluto fare quest’anno passando il Capodanno qui”.

La parte più interessante dell’incontro, è stato il riscoprire i motivi che hanno portato questi nostri concittadini ad emigrare, cioè a lasciare, negli anni del dopoguerra, una Corato immersa nella realtà agricola, per spostarsi in cerca di fortuna, in un ambiente industrializzato come appunto Grenoble. Poi c’è chi è ritornato con la convinzione di ritrovare una piccola borgata di agricoltori come Luisa Balducci, che a soli cinque anni lasciò Corato, e che ha dichiarato “vivo a Grenoble da 60 anni. Da allora è la prima volta che torno nella mia città e sono rimasta sbalordita nel vedere tutte queste aziende dove prima c’erano campi e vitigni. Purtroppo questa visita è durata poco e mi devo accontentare di portare in Francia il ricordo della simpatia dei coratini”.

Gernoblini a s silvestro

C’era chi invece, seppure purosangue coratino, è nato Grenoble. Come nel caso di Maurizia Cipriani che ha sottolineato “di aver sposato in Francia un ragazzo coratino”. E quindi con Luigi Cimadomo, suo marito, ci hanno raccontato la loro esperienza da italo-francesi, in una nazione che, nell’immediato dopoguerra, si mostrava abbastanza fredda nei confronti degli immigrati del sud Italia. “Era il ’58 e avevo 11 anni quando mi trasferii a Grenoble. Non è stato semplice. Tutti all’epoca partivano per trovare lavoro e costruirsi un futuro migliore. Ora per fortuna quelle speranze sono diventate realtà: faccio l’idraulico, sono qui con mia moglie ho tre figli”.

Un incontro, insomma, pregno di emozione, immersa in un clima festoso, che ricorda quanto sia cambiata la nostra Città e quanto sia importante rivivere le origini.

 

LO STRADONE GENNAIO 2008

Franco Di Bisceglie

In Brasile alla guida di oltre 3000 dipendentiDi bisceglie

Marina Labartino

Nonostante l’età ed il lungo periodo di lontananza da Corato, il sig. Franco Di Bisceglie parla correttamente l’italiano, con quella dolce cadenza portoghese che ci fa ricordare immediatamente il Brasile, l’allegria contagiosa del carnevale di Rio ed i famosi campioni di calcio.

Nato nel 1940, dopo aver frequentato le tre classi di avviamento, Franco si rende conto che il suo futuro non è nella conduzione dei terreni di proprietà del padre, per cui frequenta l’Officina Meccanica Mascoli. Nel 1958 inizia la sua carriera nel settore delle telecomunicazioni, prestando la sua opera nell’azienda “Temi”di Torino e, nel 1964, forte dell’esperienza maturata, viene assunto dalla “Sielte Spa” di Bari, facente parte del gruppo Ericson, che realizza ed installa reti telefoniche in tutto il centro-sud Italia. Successivamente la Sielte appalta lavori di telefonia in Brasile e a Franco viene chiesto di istruire la manovalanza locale e controllare la posa in opera degli impianti. Corre l’anno 1971, con la moglie Chiara Iurillo ed il piccolo Domenico, di appena un anno, Franco accetta di trasferirsi a San Paolo nella speranza di costruire, per sè stesso e per la sua famiglia, un futuro migliore. L’appalto termina, ma Franco intuisce che è necessario non lasciarsi sfuggire l’occasione di fare il salto di qualità. In Brasile il futuro della telefonia è in evoluzione. Rischia in proprio e, con un amico brasiliano, dà vita ad un’azienda che, anche nel nome, vuole ricordi la sua nazione di nascita e quella adottiva (Italia - Brasile): ITIBRA INGEGNARIA E COSTRUCIONES Lt.da. Ben presto i dipendenti raggiungono quota 3.000 e considerano il sig. Di Bisceglie non solo un dirigente capace, ma un operaio tra gli operai, sempre pronto a dare i giusti suggerimenti, e persino un amico fraterno, a cui ricorrere anche nei momenti di difficoltà.

Questa è stata ed è tuttora la forza di Franco Di Bisceglie, un coratino affermato ed apprezzato in tutto il Brasile.

Fiera di tale riuscita, l’Associazione Imprenditori Coratini ha voluto insignirlo del premio Coratini nel Mondo, nell’ambito dell’edizione 2007 di “Corato che lavora”. “La mia vita è cambiata grazie alla mia forza di volontà e al mio costante impegno profuso nel lavoro – dice con voce ferma ma emozionata – senza dimenticare il supporto di mia moglie Chiara (perchè sono convinto che dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna) e dei miei tre figli Domenico, Emilio e Rodrigo, che mi hanno affiancato costantemente contribuendo al successo delle imprese di famiglia, tanto che oggi sono in grado di gestire direttamente le stesse in piena autonomia operativa”.

Difatti, i profitti realizzati nel settore della telefonia sono stati investiti in gran parte per acquistare un’estesa fattoria che opera nel settore degli allevamenti bovini. Un’azienda agricola, situata nella zona del Mato Grosso, al confine con il Paraguay dalla superficie di 11.000 ettari adibiti a pascolo. Anche il nome di questa impresa è legato alle origini del sig. Di Bisceglie, chiamata “Fazenda Quarato”, proprio per “mantenere il legame affettivo ed ideale con i costumi e le tradizioni di Corato”.

“Sono soddisfatto di essere un rappresentante dei coratini che lavorano all’estero” afferma compiaciuto. Difatti, quale presidente dell’Associazione Pugliesi di San Paolo, si prodiga per affermare nel mondo, e nello specifico in Brasile, la cultura, la storia e la lingua italiana. In particolare ci tiene a diffondere gli usi e le consuetudini degli emigranti italiani che – e qui la voce gli si incrina - “sentono tanto la mancanza della loro patria, delle città in cui sono nati e dove hanno vissuto parte della loro vita. Affinchè questo impegno venga portato avanti nel tempo, il maggiore dei miei figli, Domenico, è attualmente il responsabile dei Giovani Pugliesi di San Paolo e fa parte del Consiglio Generale dei Pugliesi nel Mondo, organo che fa capo all’Assessorato alla Solidarietà e Flussi Migratori della Regione Puglia”.

La nostra città non può che augurare al sig. Di Bisceglie e a tutta la sua famiglia un futuro ancora più ricco di soddisfazioni, nella certezza che continueranno a mantenere alto il nome di Corato.

LO STRADONE MARZO E NOVEMBRE 2008

MARZO 2008

Un sindaco coratino per Grenoble

Fabien de Sans Nicolas corre per la poltrona dell’Isère

Di Alessandro Acella

Anche i nostri amici di Grenoble a breve andranno alle urne. Una coincidenza del tutto normale, se non fosse che a concorrere alla poltrona da sindaco c’è Fabien de Sans Nicolas, giovane francese con sangue di origine coratina. Sarà lui, infatti, che dovrà sfidare l’attuale sindaco del capoluogo dell’Isère, Michel Destot membro del gruppo socialista, in carica dal 1995.

Tutto si deciderà il 9 e 16 marzo. Fabien sarà il candidato dell’UMP (Union pour un Mouvement Populaire), partito conservatore francese, del quale è presidente lo stesso Nicolas Sarkozy.

Ma cosa lega il politico d’oltralpe alla nostra città? Ce lo spiega Victor Fusaro, anima pulsante di quel rapporto diretto tra la nostra città e i cugini francesi. In una sua lettera Victor ci ha scritto che Fabien de Sans Nicolas è figlio di Thérese D’Ingeo, e chiaramente il cognome italiano ci è saltato agli occhi. Infatti, ha sottolineato Fusaro, “Fabien è figlio di una coratina della seconda migrazione, quella del 1961. Thèrese è nata a Corato, in una casetta in via Telesio”.

La notizia non può che farci onore, soprattutto se si pensa che, nella lista di collaboratori che fa riferimento a de Sans Nicolas, ci sono altri due candidati di origini coratine. Sfogliando l’elenco dei collaboratori si nota il nome di Claire Strippoli-Gulisano, commerciante, rappresentante del quartiere di Saint Laurent, che molti ricorderanno come culla degli immigrati coratini. Continuando nella lettura abbiamo notato un altro cognome tipicamente coratino, Vincent Marrone, pensionato, in passato presidente dell’Associazione dei Coratini di Grenoble ed ex presidente dell’associazione “Pugliesi”, oggi rappresentante del quartiere Grands Boulevards – Vallier.

Fa ancora più piacere se si pensa che il candidato coratino-grenoblino, a soli trentun’anni, potrebbe diventare il maire (cioè il sindaco) di una grande realtà come Grenoble, con più di 157 mila abitanti. Alla stampa francese ha raccontato di voler essere “il sindaco di una nuova era”, proponendo un programma ben preciso su traffico, ambiente, sicurezza, famiglia, settore immobiliare, occupazione; ovvero “le nostre priorità per una città accessibile a tutti”.

Per Fabien la strada per raggiungere questo traguardo non è stata semplice, come d’altronde per tanti altri figli di immigrati del sud Italia, costretti a lottare contro la povertà e la diffidenza che i residenti locali riservavano ai nuovi arrivati. “Genitori divorziati, padre operaio e madre immigrata”, a 17 anni ha interrotto gli studi senza poter conseguire il diploma. Poi un’esperienza in marina con diversi viaggi e tante missioni. Fabien ha ricordato i mesi trascorsi nella Repubblica Centroafricana, in Ciad, in Gabon l’intervento armato a Bangui che ha descritto come “un momento che non dimenticherò mai, un’esperienza fortissima soprattutto sul piano umano. Ho imparato molto durante quegli anni”. Nel 2005 l’incontro con Sarkozy, con il quale ha iniziato a collaborare quando già era capo del settore giovanile del partito, affermando con soddisfazione che “mi ha sempre sostenuto”.

Oggi tutti i suoi pensieri sono rivolti alla sua Grenoble con la voglia di proporre ai cittadini “un vero contratto di avvenire, basato sulla volontà di creare una città simbolo di una vita esemplare e accogliente”. E a chi gli ha chiesto quali fossero, secondo lui, le possibilità di vincere le amministrative, Fabien ha risposto: “Abbiamo la volontà di vincere e di proporre un’alternativa credibile. Amo questa città, ho voglia di essere al suo servizio”.

Non ci resta che rivolgere i nostri più sentiti auguri al cugino francese, con la speranza che il sangue coratino possa raggiungere lo scranno più alto della bella città francese.

NOVEMBRE 2008

Fabien De Sans Nicolas

Un coratino nominato Segretario Nazionale dell’UMP in Francia

Di Marina Labartino

Fabien de sans nicolasNe avevamo parlato a marzo e ad aprile scorsi, durante la sua corsa verso la poltrona a sindaco dell’Isère di Grenoble, in cui gareggiò contro altri due affermati politici locali riscuotendo il 29,5% dei consensi.

Ora Fabien De Sans Nicolas, trentunenne francese di origine coratina per parte di madre (è figlio di Thérese D’Ingeo, emigrata nella cittadina d’oltralpe nel 1961) ha raggiunto un altro ragguardevole traguardo.

Ce ne parla il nostro vispo (nonostante la veneranda età) corrispondente da Grenoble Victor Fusaro informandoci che il “nostro” giovane Fabien, attuale consigliere comunale d’opposizione è stato nominato Segretario Nazionale dell’UMP – Unione per un Movimento Popolare (il partito politico di Nicolas Sarkozy).

Dopo aver assunto la direzione nazionale dei giovani UMP, Fabien De Sans Nicolas, in seguito ai successi conseguiti dal suo partito, è ora ai vertici di uno degli otto segretariati nazionali e membro del comitato direzionale dell’UMP.

La notizia ci riempie di orgoglio. Ancora una volta un cittadino di origini coratine si distingue per le sue capacità e la sua forza d’animo.

A Fabien ed alla sua famiglia vanno i nostri più affettuosi “in bocca al lupo” con l’auspicio che possa ricoprire ruoli sempre più prestigiosi.

A questa splendida notizia Victor Fusaro ne aggiunge un’altra che celebra la ricorrenza dei defunti, raccontandoci dell’antico cimitero di Grenoble, chiamato Roch Santo – Isola Verde, ove sono sepolti coloro che hanno onorato e contribuito allo sviluppo della città francese. Conta 8355 sepolture, 21000 concessioni, 700 caduti in combattimento in Francia durante la prima Guerra mondiale.

 

LO STRADONE LUGLIO AGOSTO SETTEMBRE NOVEMBRE DICEMBRE 2009

20071002 philippe fusaroDyn004 original 192 312 jpeg 58330 a0873bab0cf30883dd1049050f43fa01Un libraio scrittore a Lione

Passioni e attività di Philippe Fusaro

Di marina labartino

Anche i figli dei nostri emigranti si fanno onore in Francia. Abbiamo ricevuto con gioia la notizia che uno scrittore di origini coratine vive a Lione, dove è bibliotecario e gestisce una libreria, ma la sua vera passione è scrivere romanzi. E’ nato nel 1971 a Forbach, in Lorena, a qualche km dalla frontiera con la Germania. In tutti i suoi libri c’è un legame diretto con l’Italia, perché la questione delle sue origini lo intriga moltissimo. Confessa di aver vissuto nei profumi delle salse di pomodoro preparate dalla nonna mentre gli raccontava le storie suo nonno, archetipo del “nonno all’italiana”. Ha vissuto molto tempo a Strasburgo, ma ha trascorso molti mesi a Roma, dove ha scritto “Il Colosso di argilla”, biografia del pugile Primo Carnera. Questo libro ambientato negli anni ’30 del secolo scorso, è una biografia romanzata che descrive l’ascesa strepitosa e la tragica caduta del famoso boxeur, un autentico gigante alto più di due metri, esaltato dal Fascismo come una gloria italiana nel momento del trionfo, ma poi ripudiato, abbandonato e dimenticato dopo la sconfitta per ko subita da parte di Joe Louis nel campionato del Mondo dei pesi massimi. Una volta caduto in rovina, per vivere si adattò a fare dei pessimi film e persino a combattere contro un canguro, patetica parodia di se stesso. Da mito dello sport a fenomeno da baraccone: questa fu la parabola discendente dello sfortunato Carnera. La produzione di Philippe Fusaro comprende anche altri libri, di cui il primo risale al 1999, sempre ambientati nell’amata Italia e basati su un abile intreccio di elementi storici e immaginazione.

L’autore è sempre occupato fra la caccia alle immagini da cui trae l’ispirazione, la ricerca delle parole che descrivono le sue emozioni, tutto col sottofondo di musica pop-rock e un buon bicchiere di Chianti. “Io sono libraio – egli dice – perché non so fare altro: essere in mezzo ai libri, autore di libri, guida di coloro che amano leggere, ai quali consiglio quelli che io stesso ho amato leggere”. Ammirevole proposito! Complimenti per l’impegno e auguri di intramontabile successo.

Opere pubblicate

Il Colosso d’argilla, Palermo solo, Capri et moi, Couteaux, En deux temps, trois mouvements

 

LO STRADONE LUGLIO 2009

Ass pugliesi a stoccarda 1Associazione Pugliesi a Stoccarda

L’orgoglio coratino degli emigrati in Germania

Di Marina Labartino

LO STRADONE, notoriamente attento ai coratini sparsi nel mondo, grazie alla fitta rete di abbonamenti che contraddistingue la storica testata, è lieta di porgere ai suoi lettori una notizia che riempie di soddisfazione.

Il contatto preso oltre un anno fa dalla Redazione con il sig. Luigi Bucci, coratino doc residente in Germania nella città di Stoccarda, in cui si sollecitava la costituzione di una associazione coratina, ha dato i suoi frutti.

Durante gli incontri del 3 e del 30 maggio 2009 si è animatamente discusso con altri corregionali pugliesi se ci fossero i presupposti per far nascere a Stoccarda un’Associazione per pugliesi.

Il 14 giugno, alla presenza di ben 73 pugliesi, tra cui 12 coratini doc, l’ “Associazione Pugliesi a Stoccarda” è nata ufficialmente.

Due le cariche più importanti ricoperte da coratini: presidente Luigi Bucci, tesoriere Scaringella Francesco. Il primo incontro del Consiglio d’Amministrazione si terrà il 12 luglio 2009.

In una delle precedenti riunioni propedeutiche alla sua costituzione, il gruppo di lavoro ha avuto persino l’onore e il piacere di colloquiare personalmente con l’Assessore alla Regione Puglia dott.ssa Elena Gentile la quale, con la sua presenza, ha dimostrato quanto la nostra Regione sia vicina ai propri corregionali. Purtroppo la stessa non ha potuto partecipare il giorno dell’inaugurazione per impegni sopraggiunti.

Tra le finalità dell’Associazione: la promozione e diffusione della cultura pugliese fra gli emigrati per sostenere e rafforzare l’identità originaria e rinsaldare i rapporti con la terra di origine, nonché per mantenere usi e costumi pugliesi. Numerose le iniziative culturali in programma volte a far conoscere la nostra Regione e le sue bellezze storiche e naturalistiche (presenti abbondantemente sul Gargano, nel Salento, sulla Murgia...) sia al popolo tedesco sia a coloro che, pur avendo origini pugliesi, non hanno finora avuto occasione di apprezzarle.

Il sogno nel cassetto del presidente Bucci è poter gemellare la città di Stoccarda con una città pugliese, magari proprio con Corato.

Di questa istanza LO STRADONE si fa portavoce sulle sue pagine, sollecitando l’attuale amministrazione a non perdere questa ghiotta opportunità per rinsaldare i rapporti con tanti nostri emigrati che si sono costruiti, in ciascuna città adottiva, un meritevole “posto al sole” con il proprio dignitoso e prezioso lavoro.

“Con la speranza che questa Associazione possa lavorare e rappresentare con orgoglio la nostra Regione a Stoccarda il più lungo possibile - il presidente Bucci porge - un caloroso abbraccio a tutti i coratini emigrati e a quelli residenti a Corato.”

La Redazione de LO STRADONE contraccambia, auspicando di poter stringere al cuore, non solo virtualmente ma di persona, alcuni suoi rappresentanti durante i festeggiamenti relativi al 30ennale della testata.

LO STRADONE SETTEMBRE 2009

Cives 1I successi della famiglia Cives

Tra comando dei Pompieri di Parigi e media più alta al liceo di Lillebonne

Marina Labartino

DIDASCALIE foto

– Da sinistra: Mario Cives, Michel Cives, Jean-Claude Niel (anziano chef del Centro Pompieri di Lillebonne) Cataldo Cives, Luc Dubourdonnay (Comandante del Centro di Reclutamento delle Armate a Evreux), Nicolas Cives e Sylvain Quitard, durante la cerimonia ufficiale dell’assunzione del Comando di Brigata.

Il sig. Cataldo Cives si annuncia in redazione con una maestosa scampanellata ed entra con sottobraccio un plico di quotidiani francesi. Classe 1927, figlio dello stagnino di via Castel del Monte, emigrato nella regione della Normandia francese all’età di 14 anni per svolgere l’attività di muratore/carpentiere, ha sposato la signora Daniela Lacaie dalla quale ha avuto sei figli (due femmine e quattro maschi) che lo hanno reso nonno di dodici nipoti.

Residente nel piccolo centro di Lillebonne, a metà strada tra le più note città di Le Havre e Rouen, nel nord della Francia, si è distinto per il suo servizio di volontariato svolto nei pompieri della stessa cittadina.

In un italiano prorompente ma contaminato dalla amabilità della cadenza normanna, ci informa con orgoglio che la sua si è affermata quale vera e propria famiglia di vigili del fuoco perché tre dei suoi figli, Mario, Michel e Nicolas, hanno seguito le sue orme.

La scuola di giovani pompieri di Lillebonne ha di che essere fiera, ma poiché costoro sono di origini coratine, anche la nostra città si unisce a tale sentimento.

Michel Cives, anni 41, ha assunto il comando della 12ma Compagnia della Brigata di Vigili del Fuoco di Parigi, che raggruppa i centri di Menilmontant e di Charonne, è militarizzata, fa parte del Genio ed effettua il più grande numero d’interventi: 26.000 all’anno.

Mario Cives è attualmente aiutante chef nel centro di Notre-Dame-de-Gravenchon, mentre Nicolas Cives è maggiore al Servizio Dipartimenti Incendi e Soccorso a Yvetot.

Nel raccontarsi il signor Cataldo ricorda anche il rapporto di amicizia che lo lega a LO STRADONE, come uno dei primi abbonati francesi alla nostra rivista, e a padre Emilio D’Angelo, con il quale colloquiava spesso durante le sue annuali permanenze vacanziere a Corato. Da giovanetto era amico intimo di Cataldo Mangione, segretario storico della nostra testata fino alla fine degli anni ‘90, insieme al quale faceva parte del coro di voci bianche della Chiesa del Carmine.

L’orgoglio di Cataldo Cives diventa poi straripante quando parla di suo nipote Michel Stolfa, figlio della figlia Rosamaria, coniugata ad un altro coratino, Domenico Stolfa.

Il giovane Michel si è diplomato, al liceo di Guillaumele-Conquèrant a Lillebonne, con una media di tutto rispetto, 19,9 ventesimi, considerato quella generale degli altri studenti che si è attestata intorno ai 17/20. La ricetta del suo successo scolastico è aver studiato con costanza fin dall’inizio dell’anno scolastico. Tra i suoi progetti futuri: frequentare la facoltà di storia e geografia all’università per seguire la carriera di insegnante, anche se pure le materie scientifiche lo interessano parecchio.

 

LO STRADONE DICEMBRE 2009

La Grenoble Coratina

Il quartiere italiano: Saint-Laurent (seconda puntata)

Di Alessandro Acella

Continua il viaggio de LO STRADONE nella storia dell’emigrazione coratina attraverso le pagine del libro di Victor Fusaro, Raconte-moi. Ton Quartiere. Image du passè. Per molti dei nostri lettori questo nome non è nuovo. Monsieur Fusaro, di origine coratina, da diversi anni– veramente tanti – vive a Grenoble.

Tuttavia né il tempo passato né la distanza hanno in alcun modo intaccato quel forte legame con il nostro territorio. Durante la sua vita fatta di duro lavoro, egli ha sempre mantenuto un posto nel suo cuore per Corato, dedicando parte della sua esistenza a iniziative culturali per i tanti coratini che, come lui, hanno deciso di costruire una nuova esistenza nella città dell’Isère.

Il caro amico d’oltralpe, con molto impegno, ha raccontato la sua lunga vita in un libro. Un’autobiografia che, come già detto, ha raccolto tratti che possono essere condivisi da tutti coloro che in passato hanno intrapreso la stessa avventura permettendo di approfondire tre aspetti notevole importanza. In primis il momento del distacco, quando ci si ritrova a dover lasciare tutti gli affetti, le sicurezze, seppur economicamente poco solide, qui a Corato per insediarsi in un mondo di cui ben poco si conosce, quello di Grenoble. Poi l’arduo compito di costruire un nido in un nuovo quartiere, quello di Saint-Laurent, che per qualche francese poco sensibile poteva dare l’idea di un ghetto per immigrati. Infine, la consapevolezza di diventare parte di una nuova società sentendosi ospite in una nazione che cinicamente poteva attribuire un’accezione negativa all’italiano.

Questi tre aspetti si sono concretati nelle tre puntate che abbiamo deciso di dedicare alla storia dei nostri cugini di Grenoble e di tutti i coratini sparsi in altre regioni dello stivale o del mondo.

Il mese scorso abbiamo introdotto lo scritto di Fusaro, riservando ampio spazio al momento del distacco. In queste righe ripercorriamo gli ambienti del quartiere Saint-Laurent, mèta della gran parte dei coratini emigrati.

Il quartiere dei coratini delle prime immigrazioni

Victor Fusaro, in una parte del suo libro, ha posto l’attenzione, in differenti occasioni, sul quartiere di Saint-Laurent. Ha voluto fornire dati sul sobborgo che sembrano più materiale per una ricerca demografica che un racconto autobiografico. “I coratini si istallarono alla Porte de France, quai Perrière, Rue Saint-Laurent e sui tre colli (Chalemont, dell’Orme e del Cularo) e anche nei pressi dell’antico convento di Sainte Marie d’eu Haut. Nella rue Saint Laurent nel 1931, il 30% della popolazione era di origine italiana. Queste cifre aumentarono regolarmente, a parte un piccolo calo durante la guerra. I coratini a Grenoble raggiunsero la cifra di 3436, cioè il 38% di italiani. Questi quartieri abbondano di botteghe di sub appaltatori e di lavori a cottimo e spesso rappresentano la prima tappa delle donne emigranti per il loro inserimento nel mercato del lavoro”.

Tuttavia, l’autore ha anche ripercorso momenti più importanti della propria esperienza in quei vicoli. “Saint-Laurent” è, dunque una presenza costante. Victor ha sottolineato che il padre, partito prima di lui e degli altri componenti della famiglia, “est arrivé dans le quartier Saint Laurent”, che seppur in riportato in lingua francese rende chiaramente il messaggio.

Nello stesso paragrafo, Victor ha messo in risalto un particolare della storia personale di notevole interesse per l’analisi del fenomeno migratorio. Nelle esperienze dei tanti coratini emigrati, infatti, abbiamo spesso notato quanto la presenza di un parente già ambientato nel paese di destinazione fosse importante per abbattere la prima e dolorosissima difficoltà di trovare un riparo, soprattutto se si considera che, essendo la miseria a spingere verso nuove terre, non si poteva contare su solide risorse finanziarie.

Bisognava stringere la cinghia, spartire gli spazi e condividere l’appartamento con i parenti. Proprio come ha raccontato Victor Fusaro. “E’ arrivato (si riferisce al padre ndr) nel quartiere Saint-Laurent come la gran parte dei coratini. Lo abbiamo fatto anche noi, visto che una sorella di mia madre si era stabilita a Grenoble e abitava sul lungo fiume. Mia zia aveva una piccola casa e per un certo periodo abbiamo condiviso la nostra vita con quella della sua famiglia tanto che, spesso, eravamo in dieci persone nella stessa stanza, nell’attesa di trovare una nuova abitazione”.

La nuova rue Saint-Laurent

Il quartiere Saint-Laurent “fu per lungo tempo considerato come ‘il quartiere italiano’, ma con l’arrivo di nuovi immigrati la struttura è cambiata”.

Durante le nostre interviste con molti coratini di Grenoble, abbiamo sentito più volte parlare di una città e, soprattutto di rue Saint-Laurent, differenti rispetto a qualche decennio fa; tanto dal punto di vista architettonico quanto sociale.

Victor Fusaro non ha dimenticato di spendere due righe sulla trasformazione del “quartiere dei coratini” di Grenoble dal lato dell’urbanistica: “oggi rue Saint-laurent è molto cambiata rispetto a 50 anni fa. Tutta la strada è in piena ristrutturazione, interi edifici fatiscenti e malsani sono stati abbattuti per far posto a residenze di lusso, abitate da professionisti e dirigenti. C’è una nuovissima casa di riposo per anziani con 60 camere e centinaia di appartamenti, che vengono venduti o fittati a prezzi modici. Attualmente vi abitano 1.203 persone”.

Tantomeno ha trascurato l’evoluzione della società. “E’ sempre uno dei quartieri di Grenoble in cui risiedono più operai, ma a partire degli anni 1960-70 sono arrivati anche dirigenti, professionisti, insegnanti che vi s’istallarono modificandone la struttura sociale… Si trattava di un quartiere che contava una sola associazione, ‘Commune Libre’. Adesso ce ne sono moltissime”.

Anche questa puntata si conclude facendo affiorare alla mente immagini di gente con valige di cartone, in cui venivano riposte tutte le loro speranze in un futuro migliore. E mentre lo sguardo scorre sulle parole, risuonano le note del grande Domenico Modugno in “Amara terra mia” o le battute dell’opera pirandelliana “L’altro figlio”.

 

CopertinalibroLO STRADONE NOVEMBRE 2009

Victor Fusaro si racconta

I coratini che scelsero Grenoble. Prima Puntata

“La prossima settimana arrivano i francesi!”. Capita spesso di sentir pronunciare queste parole da coratini che vantano la presenza in famiglia di persone che, anni addietro, hanno deciso di costruire una nuova vita oltralpe.

Anche LO STRADONE con grande orgoglio coltiva, fin dalle prime pubblicazioni, il caloroso rapporto con i tanti emigrati coratini che sono tuttora sparsi negli angoli più remoti del mondo. Pensiamo alle comunità negli Stati Uniti d’America, Germania, Venezuela e, ovviamente, quella francese di Grenoble.

Proprio nella città del Delfinato - circondata dalle fresche Alpi, tanto da essere considerata la capitale di questo sistema montuoso - il cuore coratino continua a pulsare, grazie anche al lavoro dell’attiva “Association des Coratins de Grenoble et des environs”, (l’Associazione dei Coratini di Grenoble e dintorni) guidata da Savino Ferrara, che proprio ad ottobre ha raggiunto il 25esimo anno di età.

Nel capoluogo dell’Isére vive da molti anni un autorevole testimone di Corato a Grenoble, un affezionatissimo amico di viaggio de LO STRADONE. Più volte Victor Fusaro, fin dal lontano 1979, si è fatto portavoce attraverso le pagine del “giornalaccio” della vita dei nostri emigrati a Grenoble.

Victor, dopo anni di attività associazionistica, ha deciso di mettere nero su bianco la sua esperienza.

“Je vien d’une petite commune du sud de l’Italie qui s’appelle Corato, dans la Provincia di Bari”. Je suis venu avec ma mère e deux frères, qui sont nés aussi en Italie. Ovvero: “vengo da Corato, un piccolo comune del sud Italia in provincia di Bari. Sono arrivato qui in compagnia di mia madre e due fratelli anche loro nati in Italia”.

Con queste parole inizia il libro di Monsieur Fusaro “Raconte-moi. Ton Quartiere. Image du passè”, (il titolo ci fa capire che si tratta del racconto della vita e del quartiere, attraverso le immagini del passato) che abbiamo deciso di ripercorrere insieme, in quanto valido spunto per rivivere la storia della migrazione nostrana.

Leggendo alcuni passi ci si rende conto che il racconto, sebbene in alcuni tratti strettamente personale, diventa patrimonio di tanti emigranti: l’esperienza di Victor Fusaro è simile a quella di altri milioni di italiani e centinaia di coratini giunti in Francia.

Inoltre, accanto al racconto puramente autobiografico, vi è un’analisi (fatta di statistiche e ricerche storiche) dell’emigrazione italiana che ripercorre tutto il ventesimo secolo.

Questo libro è uno strumento che ci permette di “visitare” anche il famoso quartiere di Saint-Laurent dove i primi coratini decisero di installarsi e comprendere quale fosse l’immagine dell’immigrato italiano nella società francese di un tempo.

La storia di Victor Fusaro

Un esempio del fenomeno migratorio

“Vi invio la storia di via Saint-Laurent – scrive Victor Fusaro in una lettera che accompagna alcune pagine del suo lavoro – la zona più antica di Grenoble, la più visitata dai turisti. (…) Per la mia ricerca, dal 1920 fino ai nostri giorni, ho utilizzato molti articoli di stampa, fotografie, documenti personali”.

Nelle 650 pagine del racconto, colpisce immediatamente un aspetto che ha caratterizzato le migrazioni: “quando mio padre è riuscito a sistemarsi ed ha avuto un lavoro, ci siamo trasferiti anche noi”.

Questo è, infatti, un fenomeno tipico, se si considera che emigrare all’estero rappresenta un’avventura che cela numerosissimi rischi. Il padre di famiglia va in cerca di fortuna e, dopo averla trovata, “chiama a rapporto” gli altri componenti della famiglia.

Come i ricercatori di oro delle colonie americane, tanti coratini, attirati dalle avventure di chi ha già posto le basi per una nuova vita altrove, preparano le valige di cartone per cercare di mettere fine alla parola “fame”. “L’Italia allora significava miseria – sottolinea monsieur Fusaro - mentre ora Corato è una città prosperosa. All’epoca non c’era nient’altro che i raccoglitori di olive”.

Perché andare via?

Senza ombra di dubbio, questa ultima frase ci fa capire che la storia del fenomeno migratorio è legata al raggiungimento di una condizione economica migliore. Tuttavia, nel caso francese in particolare, sarebbe un grosso errore limitare lo sguardo all’aspetto economico.

Lo stesso Victor, infatti, in un capitolo, afferma che: “l’immigrazione italiana in Francia ha dapprima avuto un carattere economico, ma a questa immigrazione di lavoratori si è aggiunta una a sfondo politico, in seguito al regime fascista. Il fenomeno si è accentuato alla vigilia della II^ Guerra Mondiale, nel 1939, malgrado l’influenza della propaganda di Mussolini per limitare gli espatri (…)La popolazione civile fuggiva dalle barbarie! Ricordiamo un giorno d’aprile 1922 a Modane, frontiera francese: ogni treno rovesciava sulla banchina centinaia d’emigranti; la piccola città era letteralmente invasa dagli italiani, in attesa che fossero sbrigate le formalità di dogana per poter continuare il viaggio”.

Il francese che ritorna a Corato

In un passaggio del libro, Victor Fusaro descrive, con tono ironico, il ritorno in patria degli oriundi. “I coratini che vivevano in Francia, dopo qualche anno tornavano con aria di conquistatori. C’erano persone che passeggiavano lungo lo Stradone, un viale circolare nel centro cittadino, dove si mostravano le persone emigrate, quelli che avevano fatto i soldi, che si esprimono con una lingua particolare, fatta di, più o meno, dieci parole di cui otto in coratino e due in pessimo francese”.

E’ una scena che capita di rivivere nei periodi di festa, come le vacanze estive, a Natale o Pasqua. Tra le vie della città si sentono gruppi di persone che parlano un idioma che di primo acchito ci sembra non italiano. Ci fermiamo un attimo e ci rendiamo conto che si tratta di una comitiva di francesi.

Dalle pagine che Victor Fusaro ha inviato alla nostra redazione, è possibile porre l’attenzione su altri aspetti della storia che “forgia” il forte legame tra la comunità coratina e quella grenoblina. Per questo è intenzione de LO STRADONE continuare la lettura del materiale per cercare di approfondire le vicende del quartiere Saint –Laurent e la figura dell’immigrato coratino in Francia.

 

LO STRADONE GENNAIO GIUGNO NOVEMBRE DICEMBRE 2010

LO STRADONE GENNAIO 2010

La viscosaIl coratino visto dai francesi

L’immagine dell’immigrato italiano secondo Victor Fusaro. Terza Puntata

Di Alessandro Acella

Didascalia :

Dall’Album della famiglia di Victor Fusaro. Gli operai coratini della fabbrica “La Viscosa” di Grenoble, sulla locomotiva che trasportava il materiale. 1) Cataldo Scaringella (conducente); 2) Papagno; 3) Antonio Leone; 4) Savino Fiore; 5) Francesco Mistrulli; 6) Francesco Nesta; 7) Mazzilli. Settembre 1946

Continua il nostro viaggio attraverso il libro di Victor Fusaro, da tantissimi anni pilastro di quel forte legame che lega la nostra terra alla cittadina francese.

Dallo scorso novembre il suo testo “Raconte-moi, ton Quartier. Image du passée”, ci sta aiutando a ripercorrere i momenti della migrazione vissuta da Victor, che rappresentano, come ampiamente rilevato nelle precedenti puntate, un racconto che accomuna molte delle esperienze di una “Corato” che lasciava le propria città per scoprire un nuovo futuro.

Abbiamo iniziato con una visione più ampia del fenomeno migratorio riflettendo sulla scelta condivisa da molti coratini, di voler lasciare un panorama caratterizzato da difficoltà economiche per scommettere sulle fabbriche dell’Isère. Il racconto è continuato nella seconda puntata con un la descrizione del quartiere che per primo ha ospitato i coratini. Non solo abbiamo visitato l’antico quartiere Saint-Laurent, ma abbiamo avuto anche la possibilità di entrare con la nostra immaginazione nei focolari domestici, rivivendo le immense difficoltà del tempo che sarebbero (quasi) impensabili ai nostri tempi.

Per completare lo studio, non ci resta che disegnare l’immagine dell’italiano (o meglio il coratino) immigrato, analizzarne usi e costumi, ma soprattutto comprendere il rapporto che si andava creando con la popolazione francese.

Nei racconti di Victor Fusaro si parla di “leggi” rigide di fabbrica che lasciano immaginare quanto fosse difficile interiorizzare questo stile di vita per il coratino legato, invece, a quelle dei campi.

“La qualità della manodopera italiana era unanimemente lodata”

Iniziare con questa frase un intero capitolo, fornisce una visione positiva che si contrappone a quelle difficoltà che siamo soliti ascoltare dai tanti coratini che hanno lasciato in passato la città per approdare in Francia, Venezuela, Usa ecc.

In effetti, quando Victor sottolinea il rapporto dell’immigrato italiano e coratino con i francesi, tanto nelle fabbriche come in tutti le espressioni della società, alterna tratti di soddisfazione ad altri di sconforto.

“Mio padre ha subìto molte delusioni, ma non protestava. La paura di perdere il posto di lavoro lo ha perseguitato fino alla pensione. Ha dovuto adattarsi ai vari meccanismi delle fabbriche, dove aveva solo il tempo di soddisfare i propri bisogni fisiologici (fare la pipì)”.

Il velo di tristezza che potrebbe trasparire da questo breve passaggio, lascia posto a una “carrellata” di momenti positivi che vengono ampiamente riportati nel capitolo “L’Image de l’italien”, ovvero “L’immagine dell’italiano”.

Victor spiega che “gli italiani venivano richiesti per la loro capacità di applicarsi con ‘spirito di lavoro tenace’. Essi davano prova anche di competenza e abilità manuale. Erano molto ricercati dagli imprenditori agricoli, imprese edile e nei lavori pubblici che, per certi compiti delicati, avevano bisogno di manodopera specializzata. I datori di lavoro si complimentavano anche della sobrietà dei loro operai italiani, che si accontentavano di pasti frugali, poco innaffiati di vino e dai costi ridotti”.

Nelle stesse pagine Victor porta alla luce dati e statistiche di un tempo. “Un sondaggio effettuato nel 1924 su scala nazionale nelle 258 grandi industrie metallurgiche che occupavano 61.139 salariati, riporta 47.276 stranieri, con gli italiani al primo posto. Secondo i pareri rilevati, il 65% degli operai specializzati italiani erano giudicati “buoni”; il 30% “medi”; il 5%”insufficienti”. Per i manovali, le percentuali rispettive di queste tre categorie erano di 57%; 20% e 5%. Una seconda inchiesta, fatta a febbraio 1926 in un grande stabilimento di costruzioni di automobili della regione parigina, rileva 17.230 operai, di cui 427 italiani. Per questi ultimi lavoratori il grado di soddisfazione emerso dai quesiti sottoposti ai capi servizio era assai favorevole: 8,5 su 10”.

L’immigrato italiano, insomma, è il fiore all’occhiello dell’azienda. Tutto questo però suscita ostilità nei colleghi francesi.

“L’italiano è docile, corretto e coscienzioso e rispetta l’autorità. – sottolinea Victor Fusaro – Queste caratteristiche però erano oggetto di inquietudine nei salariati francesi che giudicavano i nuovi arrivati troppo sottomessi ai padroni e pronti ad accettare condizioni di impiego mediocri, salari inadeguati, orari sfibranti, alloggi insalubri sui cantieri, ecc”.

“Naturalizzare l’immigrato significa fargli perdere la sua imbarazzante qualità di straniero”

Vivere sentendosi ospite, peggio ancora se non accettato, toglie le forze, riempie di una tristezza che gela. La frase utilizzata per il titolo di questo paragrafo, ripresa da Victor, seppur molto semplice, riesce a comunicare la sensazione di disagio provata dall’immigrato di ieri, di oggi e di domani, vivendo in un contesto linguistico e culturale differente dal suo.

Victor mette a confronto due momenti storici. Si parte dalla Seconda Guerra Mondiale per arrivare gradualmente ai nostri giorni: “Nel gennaio del 1945 quando le ostilità non erano ancora cessate, larghe maggioranze di francesi si dichiararono contrari a ricorrere alla manodopera dell’immigrazione straniera, secondo l’idea che uno straniero viene ad occupare un posto che potrebbe essere di un francese. Lo stesso rifiuto si riscontra nel 1949 contro le naturalizzazioni, cioè il riconoscimento della nazionalità francese ai bambini nati da genitori italiani, o da un matrimonio misto italo-francese. Questi pregiudizi sono stati poi superati, tant’è che su 517.000 persone che hanno acquisito la nazionalità francese per naturalizzazione, il 40% sono di origine italiana, cioè più di 200.000”.

L’autore infatti sottolinea che con il passare degli anni “gli italiani si sono integrati nella comunità e ammessi senza riserve a far parte del popolo francese, anche per ragioni demografiche, avendo contribuito a far diminuire la natalità”.

Il nostro viaggio è giunto alla fine. Non abbiamo la pretesa di aver influito sulle coscienze di alcuni in materia di accoglienza dei nuovi immigrati, ma siamo certi che da queste colonne sia emersa l’ardua avventura dei numerosi coratini che vivono al di là delle Alpi. Il nostro desiderio è che queste pagine possano essere un ponte lanciato tra Corato e i nostri cugini emigrati; un legame che continuerà ad essere saldo anche grazie a LO STRADONE attraverso la rubrica “L’Altra Corato”. Non siate timidi. Scriveteci in molti, anche in francese. Soprattutto le nuove generazioni. Fateci conoscere le vostre soddisfazioni, esperienze, affermazioni. Il vostro successo per noi è motivo di grande orgoglio. Permetteteci di condividerlo con tutti i nostri numerosi lettori.

LO STRADONE GIUGNO 2010

Expo 002Dipinti e ricami dei cittadini d’oltralpe

La otto giorni espositiva dell’associazione “Coratini di Grenoble e dintorni”

Di Marina Labartino

Ha riscosso vivo successo la bella mostra d’arte, organizzata dall’associazione “Coratini di Grenoble e dintorni” presieduta da Savino Ferrara presso la sua sede in Rue Léo Lagrange.

Esposte un centinaio di opere pittoriche realizzate da circa dieci artisti, tutti di origini coratine, tra cui Simona Tarantini, Elena Bruno, Raffaella e Francesco Menduni, Domenica Caldara, Giovanni Carrante (vice presidente dell’associazione), Clementina Leo, Antonietta Di Bisceglie, Maria Boni e Tina Di Battista.

Nature morte, paesaggi lacustri, marini e campestri, scorci di centri storici, volti di donna, hanno suscitato una miriade di emozioni tra i visitatori, mentre la biancheria per corredi, finemente ricamata a mano dalla signora Yolanda Miccoli Cusanno, tornata prepotentemente di moda, ma introvabile negli esercizi commerciali francesi, è andata a ruba. Tovaglie, lenzuola, tende, centritavola, cuscini d’arredo, ecc., impreziositi da punti artigianali accuratamente eseguiti, hanno incantato gli ospiti, riportandoli indietro nel tempo, quando le fanciulle in età da marito, in attesa di coronare il sogno della loro vita, si dedicavano a quest’arte estetica e creativa, che nulla aveva da invidiare a musica e pittura. Attività gratificante, elitaria e al tempo stesso popolare, da praticare nel salotto buono dei ceti più abbienti in compagnia di amiche e congiunte, oppure dietro la porta a vetri del magazzeno a pianoterra della maestra ricamatrice, insieme ad altre giovani apprendiste. La realizzazione di un corredo importante e ben fatto avrebbe testimoniato l'importanza, il prestigio o la ricchezza della famiglia oltre, ovviamente, l'abilità della futura sposa.

Allestita ogni anno con immutata competenza, questa mostra raccoglie il frutto del lavoro che gli organizzatori hanno messo in piedi ormai da tempo. Grenoble e i coratini si sono posti, anche per il 2010, come laboratorio di creative esperienze artistiche in cui ogni visitatore ha potuto "assaggiare con gli occhi" un pizzico della meravigliosa genialità artistica ancora fervente.

A costoro non resta che augurare di proseguire sulla strada della valorizzazione delle fantasiose e creative abilità manuali coratine, capacità nostrane che altrimenti andrebbero disperse e dimenticate.

 

Ponte saint laurent102LO STRADONE NOVEMBRE DICEMBRE 2010

Eroe coratino a Grenoble

Jean Ferrante perde la vita per salvare una suicida

Marina Labartino

Grave lutto per la collettività italiana e soprattutto coratina di Grenoble. Un gesto eroico è costato la vita al 51enne Jean Ferrante, detto Jeannot, di origini coratine.

Dalla terrazza di un bar situato su Rue Saint Laurent, una giovane donna tenta il suicidio lanciandosi nell’Isere, il fiume che attraversa Grenoble. Jeannot, che assiste alla scena, non esita e si getta nelle acque gelide e turbinose nel tentativo di salvare la vita a questa sconsiderata. La giovane si ribella, è determinata a porre fine ai suoi giorni e, malgrado sia ormai nei pressi della riva del fiume grazie all’intervento di Jeannot, sferra all’improvviso un forte calcio al nostro eroe, il quale perde i sensi e scompare tra i flutti vorticosi. I soccorsi giungono rapidamente e portano in salvo la giovane che viene immediatamente ricoverata in ospedale, ma non riescono a far nulla per Jeannot. Pompieri e subacquei lo cercano disperatamente per tre giorni, poi desistono. Il corpo senza vita viene ritrovato una decina di giorni dopo, nei pressi del ponte d’Oxford, tra il Comune di Grenoble e quello di Saint Martin le Vinoux, distante quattro chilometri dal punto dove è scomparso. La famiglia e gli amici sono affranti per la perdita di quest’uomo gentile e generoso, considerato una persona dalle grandi qualità da tutti gli abitanti del quartiere Saint Laurent dove abitava e lavorava in qualità di magazziniere di pezzi di ricambio d’automobile.

Questo atto spontaneo di coraggio, solidarietà ed eroismo merita di essere ricordato.

La comunità coratina ha chiesto all’amministrazione comunale di Grenoble di dedicare alla figura di Jeannot il ponte su cui si è consumato il dramma. Per onorare la figura del nostro eroe il sindaco Michel Destot ha preferito non rinominare il ponte, bensì collocarvi una targa a perenne memoria del suo grande cuore.

LO STRADONE LUGLIO AGOSTO 2011

LO STRADONE LUGLIO 2011

Michele di francoIl coratino Michele Di Franco alla Fête de la Musique 2011

Celebrato a Grenoble il 30° anniversario della Festa della Musica

Marina Labartino

Il 21 giugno, in occasione del 30° anniversario della Festa della Musica, Radio France Blu Isere, emittente grenoblina molto seguita in Francia, tra i vari appuntamenti organizzati nelle diverse zone della città, ha indetto due concorsi musicali tenutisi in contemporanea.

Si è trattato di una gara tra debuttanti ed una tra big affermati del panorama musicale francese, con un occhio di riguardo agli “iseroise” (originari dell’Isere).

Tra i 153 musicisti e cantanti locali debuttanti che hanno partecipato al casting nei mesi precedenti all’evento, ne sono stati scelti otto, tra cui il conterraneo Michele Di Franco, già noto al pubblico coratino per aver animato qualche anno fa alcuni nostrani appuntamenti estivi, come “Brisighella sotto le stelle” e “Coratini nel mondo”.

Michele Di Franco è coratino doc, nato nella nostra città nel 1972 da Cataldo e Nunzia Mastropietro. Come molti altri concittadini la carenza di lavoro lo costringe a trasferirsi a Grenoble. Appena ventenne convola a giuste nozze con Stefania Arresta che gli dona tre figli bellissimi : Aldo ed Enzo, entrambi nati a Corato, mentre il piccolo Gabriele Luigi, arrivato a gennaio 2011, è l’unico nato a Saint Martin d'héres (Grenoble).

«Sono convinto – afferma Michele – che qui vi siano più occasioni di carriera per i giovani. La mia permanenza in Francia serve anche per dare ai miei figli un futuro migliore. Tuttavia la nostalgia per la terra natia è così forte che ogni estate torno a Corato con tutta la famiglia al seguito e mi ricongiungo a quella d’origine, che ci aspetta sempre a braccia aperte. Colgo così l’occasione anche per godermi le serate musicali allestite durante l’estate coratina».

A questo riguardo Michele lancia un appello: «A mio parere si dovrebbero maggiormente valorizzare i talenti coratini, soprattutto durante le manifestazioni ufficiali, come in occasione dei festeggiamenti di San Cataldo. Immagino una serata di gala allietata da cantanti, attori, musicisti, ballerini ecc. tutti coratini. Ritengo che il successo possa essere garantito».

Ma torniamo alla Festa della Musica di Grenoble. I debuttanti si sono esibiti intervallando le performance dei seguenti big: Leonid, con un misto di rap e canzoni di denuncia; Donoré, musicista dalla voce armoniosa che ben interpreta testi sentimentali, ma che non disdegna pezzi più orecchiabili e dai contenuti divertenti; Kanandjo, artista di intensa e travolgente presenza scenica, spettacolare con la sua musica africana ricca di percussioni che hanno infiammato il pubblico; infine Fuego de Rumba, formazione di chitarre gitane e andaluse, sullo stile gipsi king.

Michele Di Franco, sul palco prestigioso della Festa della Musica, ha interpretato due brani: “Fuoco nel fuoco” di Eros Ramazzotti e “Che sarà” dei Ricchi & Poveri, riscuotendo il consenso del pubblico grazie anche alla tifoseria italiana/coratina.

Nella sezione big ha vinto meritatamente il premio France Blu Isere, il grenoblino Donoré. Nella sezione debuttanti, ai vertici della classifica, la giovanissima (non ancora 17enne) Stéphanie Berthet, alla quale è stata offerta l’occasione di incidere un cd con 4 brani.

Alla soddisfazione di Michele Di Franco per essere stato selezionato tra i numerosissimi debuttanti/partecipanti si accompagna quella di tutta la redazione, fiera di raccontare i successi dei nostri concittadini che non mancano di distinguersi positivamente all’estero.

 

LO STRADONE AGOSTO 2011

Tour perretLa Tour Perret di Grenoble

Alla sua realizzazione ha contribuito anche un coratino

Marina Labartino

Parco Paul Mistral, il più vasto spazio verde della città di Grenoble (circa 21 ettari) fu concepito all’inizio come campo di addestramento militare. Porta il nome del sindaco che, prima della Grande Guerra, rade al suolo le ultime fortificazioni murarie, imponendo un nuovo sviluppo urbanistico della città. Nel 1925 il progettista Leon Jaussely destina il luogo ad accogliere un’esposizione internazionale “La mostra del Potere dell’Acqua e del Turismo” consacrando Grenoble come “capitale del carbone bianco”. La forza idraulica del flusso dell'acqua convertita in energia elettrica, in opposizione al carbone nero estratto dalle viscere della terra, diventa la seconda fonte di attività economica d’inizio secolo scorso.

Unica testimonianza di tale evento resta la Tour Perret, eretta come un faro e battezzata col nome del suo costruttore, l’architetto ed ingegnere Auguste Perret, alla cui edificazione, nel 1923, ha partecipato anche il padre del nostro abbonato Victor Fusaro, insieme ad altri manovali coratini. A sezione ottagonale, alta 86 metri (95 all’apice), è stata all’epoca la più alta costruzione europea in cemento armato. Un ascensore conduce il pubblico fino alla terrazza, posta a 60 metri dal suolo, da cui si può godere di un’ampia vista panoramica. Classificata monumento storico dal 1998, purtroppo da 13 anni è chiusa ai visitatori, anche se inserita in un piano di restauro ancora incompiuto.

LO STRADONE FEBBRAIO AGOSTO 2012

LO STRADONE FEBBRAIO 2012

Coratini grenoble174“Aria di Corato” a Grenoble

In mostra al museo Dauphinois ricordi e foto dell’emigrazione coratina

Marina Labartino

Immancabile, dopo alcuni mesi di silenzio, se non fosse per i consueti auguri natalizi, giunge in redazione un plico di uno dei nostri più affezionati abbonati d’oltralpe. Victor Fusaro ci aggiorna sulla stagione culturale Grenoblina inviandoci stralci di testate francesi che parlano di noi coratini.

Per ricordare il 150esimo anniversario dell’unità d’Italia, a testimonianza del legame che unisce, dopo secoli, Isèrois e Transalpini, il Consiglio Generale ha inaugurato il 18 novembre scorso una intera stagione celebrativa, battezzata “Annè de l’Italie en Isère” che contemplerà più di un centinaio di manifestazioni, mostre, conferenze, films, concerti, spettacoli di danza e teatro, visite guidate, ecc..

L’avvio è stato dato con la mostra “Un’aria d’Italia – la presenza italiana nell’Isère” presso il Museo Dauphinois (visitabile fino al 17 settembre 2012) nella quale sono presenti testimonianze della lunga storia di emigrazioni italiane verso la Francia, partendo da quelle lombarde, risalenti al III sec. a. C., passando per la prima grande ondata migratoria del 1860 proveniente dal lombardo veneto, per arrivare al secondo flusso, riguardante proprio i primi emigrati coratini (ville du sud de l’Italie, recita la testata “Isère Magazine”), che ha luogo nel 1911. Cinque milioni di italiani tra il 1870 ed il 1970 che decisero di vivere e lavorare in Francia.

I nostri concittadini si stabilirono a Grenoble, Fontaine, Saint-Martin-d’Hères e Saint-Martin-le-Vinoux, ma soprattutto nel Nord-Isère. Il dipartimento, in piena espansione industriale ed urbanistica, abbisognava di braccia per costruire fabbriche, aprire nuove strade e potenziare le sue industrie: guanti, carta, siderurgia, cemento, miniere, chimica, tessile. Nel 1931 gli italiani costituiscono la prima popolazione straniera di Francia, con più di 800.000 persone, ripartite essenzialmente nelle regioni dell’est della Francia, de Rhone-Alpes e della costa mediterranea. Dopo la Seconda Guerra Mondiale la terza ondata: ancora coratini, piemontesi e lombardi, compreso una notevole presenza di siciliani, reclutati per estrarre antracite dalle miniere de La Mure o impiegati nelle imprese metallurgiche della valle de la Romanche. Braccia e cervelli, utili durante il periodo dei “Trente glorieuses” quando a Grenoble e nell’Isère si verifica un picco di urbanizzazione.

Le aziende BTP sono dirette da italiani, come il duo Perino-Bordone e la società Marius Dotto ou Perazio Royans Travaux partecipa alla costruzione di grandi infrastrutture dell’area grenoblina: campo universitario di Saint-Martin-d’Hères, facoltà di medicina di Grenoble, ristrutturazione di piazza Grenette, ecc.. Negli anni ‘50 i lavoratori italiani furono soventi vittime di manifestazioni xenofobe, erano chiamati “macaroni” e avevano vergogna di parlare in pubblico poiché stigmatizzati per le loro origini povere. Oggi fortunatamente la situazione è cambiata, le terze e quarte generazioni sono integrate in tutti gli strati sociali, hanno conquistato il cuore dei francesi e si riappropriano orgogliosi della loro lingua. Tra i cittadini (i cui cognomi tradiscono origini coratine, ma non ne abbiamo la certezza, poiché le pagine del magazine non riportano le provenienze specifiche) troviamo: gli imprenditori Aldo e Michel Strippoli che dirigono la De Grani (fabbrica di specchi) a Eybens, Leonardo Casalino, professore e maestro di conferenze all’Università Stendhal, Gilles Pellegrini (musicista), Jeannie Longo (più volte campione del mondo di ciclismo), Sarah Nichilo-Rosso (campionessa d’Europa di judo), Olivier Saragaglia (calciatore, intrattenitore del GF 38), la famiglia Menduni di Saint-Martin-d’Hères, la famiglia Zucaro-Boisrenoult di Grenoble. Insomma i coratini si sono affermati in numerosi ambiti: artistici, economici, gastronomici e politici. Nessuna sorpresa se oggi l’Isère, in tutti i suoi camposanti, custodisce un po’ d’atmosfera italiana e coratina.

 

LO STRADONE AGOSTO 2012

Les italiens a Grenoble: histoire d’une communautè

Coratini a Grenoble, storia di una comunità attraverso immagini del passato

Marina Labartino

Prima del 1914, gli italiani emigranti in Francia provenivano principalmente dal Piemonte (Torino, Biella, Cuneo). Si trattava di un’emigrazione di prossimità. Tra le due guerre mondiali giunsero da tutto il nord Italia (Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Friuli) e anche dal centro (Toscana, Marche e Lazio). Poco numerosi invece, negli anni ’20, gli italiani del sud della penisola (Sicilia, Sardegna, Calabria e Puglia), eccetto quelli giunti a Grenoble da Corato che si stabilirono nella capitale del Delfinato quasi in massa, svuotando il paese delle braccia più giovani e forti, certi di ritrovare speranza ed entusiasmo, in alternativa all’economia stagnante del Mezzogiorno. Qui hanno saputo mettere a frutto i propri talenti e competenze trasformandoli in nuove idee. Non più misere paghe e lavoro precario offerto con parsimonia spocchiosa dai signorotti locali. Finalmente un luogo dove ottenere un impiego corrispondente alla loro formazione, dove sono riusciti a fare carriera, ad inseguire sogni, non quelli che all’alba svaniscono, ma concreti, da realizzare in breve tempo.

Certo, è stato un salto nel buio: nessuna conoscenza della lingua, delle norme da seguire, un continuo confronto con mentalità rivoluzionarie, il tutto condito solo dalla voglia di lavorare.

Persino il cibo era diverso. Per fortuna il clima no, caldo e soleggiato, dolce e umido che ha reso possibile copiose coltivazioni di nostri ortaggi e verdure tipiche da portare sui mercati rionali, trasformando i quartieri di residenza in Petite Italy, ma soprattutto in Petite Corato. Così l’aroma di trascinati, cimedirape, aglio e peperoncino, purè di fave e cicorie, parmigiane di melanzane o zucchine, cavatelli e fagioli, riso patate e cozze, cardoni e lampascioni fritti, ha cominciato ad invadere le vie in un tripudio di sapori squisitamente legati alla salutare dieta mediterranea, sostituendosi a quello dei piatti tipici della zona, a base di carne come boeuf bourguignon, (stufato di manzo Charolais), falette, (vitello ripieno), andouillettes (salsicce di vitello), dijonnaise, (manzo con salsa di panna e senape), escargots à la borguignonne, (lumache con prezzemolo e burro all’aglio), di patate (come La Tartiflette, Le Gratin Montagnard, La Poêlée Montagnarde), di formaggi (come La Fondue e Le Croûtes au Fromage). Le strade della borgata Saint Laurent (all’epoca priva di acqua corrente e con una pessima reputazione) ma anche quelle di Notre Dame, Très-Cloitres e della frazione di Saint-Martin-d’Hères, si animavano alla sera di persone che ivi sostavano seduti sull’uscio delle case, discutendo fino a tarda sera in un mix di francese ed italiano.

Per gli eredi di quarta generazione l’integrazione è ormai una realtà, ma è giusto che i segni del passato non vadano dispersi.

Raccontiamo la loro storia attraverso le immagini tratte dal libro di Jean-Luc Huard “Les Italiens” edizioni Le Dauphinè, consapevoli che i grenoblini di Corato restano fieri delle loro origini e noi dei loro successi.

Abbiamo deciso di riportare le didascalie anche in lingua francese, per rendere ancora più manifesto il cordone ombelicale che lega la nostra città a Grenoble.

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Pour beaucoup d’Italiens, le train est le principal moyen de locomotion pour rejoindre la France. Ici, la Chocolatière, train emmenant les emigrants de Corato vers Borletto puis Turin (1900)

Per molti italiani il treno è il principale mezzo di locomozione per raggiungere la Francia. Qui la Ciuculatère, che conduce gli emigranti di Corato verso Borletto, dopo Torino

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Une simple valise, très souvent le seul bagage emmenè par les emigrants.

Una semplice valigia (di cartone e legata con spago), spesso è il solo bagaglio che accompagna gli emigranti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Epicerie de la rue Saint-Laurent, à Grenoble, tenue par la famille Mosca (vers 1950)

Drogheria su via Saint-Laurent, à Grenoble, nel 1950, di proprietà della famiglia Mosca (coratini)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Gantières originaires de Corato à Grenoble. Les femmes sont recrutèes dans les industries textiles, de l’habillement (chaussures et chapellerie) et de la soie. Des jeunes filles et parfois leurs mères sont employèes aussi comme couturieres à domicile.

Guantaie originarie di Corato. Le donne sono reclutate dalle industrie tessili, dell’abbigliamento (scarpe e cappelli) e della seta. Le ragazze e loro madri sono anche impiegate come sarte a domicilio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Jeu de billes dans la montèe Chalemont dans le quartier Saint-Laurent, la “petite Italie” de Grenoble (1938)

Gioco delle biglie in una strada del quartiere Saint-Laurent, la “piccola Italia” di Grenoble, dove tutti (o quasi) gli emigranti coratini hanno fatto sosta in case povere ma decorose, prima di riuscire a mettere da parte un gruzzoletto da investire nell’acquisto di appartamenti più confortevoli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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L’ècole est un des moyens les plus importants pour l’intègration des jeunes italiens. Mème si certaines familles prèfèrent envoyer leurs enfants en ècole privèe italienne, la plupart des enfants de migrants frèquente l’ècole publique avec les èlèves francais. La langue francaise s’apprend alors très rapidement.

La scuola è il momento più importante per l’integrazione dei giovani italiani. Anche se alcune famiglie preferiscono indirizzare i loro figli verso scuole private italiane, la maggior parte dei bambini frequenta la scuola pubblica francese. Così la lingua si apprende più rapidamente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Le vèlo, moyen de transport et de loisir. Les competitions cyclistes locales et règionales attirent nombre d’Italiens, comme Aldo Menduni recevant ici le bouquet de la victoire.

La bici è mezzo di trasporto e di divertimento. Le gare ciclistiche locali e regionali attirano numerosi italiani, come il coratino Aldo Menduni, che qui riceve il bouquet della vittoria.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Les cyclistes du Cyclo Coratin Grenoble se retrouvent le dimanche. Ils relient parfois à vèlo les deux villes!

I ciclisti del circolo Coratino a Grenoble si incontrano la domenica. Talvolta le bici legano le due città, quando i ciclisti organizzano maratone partendo da Grenoble per giungere a Corato e viceversa.

LO STRADONE SETTEMBRE OTTOBRE 2013

LO STRADONE SETTEMBRE 2013

Fraternita coratina a new york

FOTO FRATERNITà CORATINA A NEW YORK

I membri del direttivo del Club Fraternità Coratina nel 1992. In piedi da destra: Salvatore Mangione, Giuseppe Fracchiolla, Gino Martinelli, Pina Desario, Michael Martinelli, Maria Piccione, Michele Quinto, Domenico Mintrone, Attilio Tondo. In basso da destra: Nunzio Giuseppe Mosca Zitoli, Vincenzo Soldano, Toh O’ Braine.

Michael Martinelli

Presidente del Club Italo Americano “Fraternità Coratina” in U.S.A.

Marina Labartino

Nei suoi primi anni di vita LO STRADONE dedicava le ultime pagine del giornale alla rubrica “L’altra Corato” riportando notizie giunte dai vari coratini sparsi per il mondo, soprattutto della comunità grenoblina e newyorkese. Un articolo pubblicato a pagina 36 nel Settembre 1992 riportava le foto dei membri del direttivo del Club Italo Americano Fraternità Coratina in U.S.A e del gruppo dei partecipanti ad un week end in montagna. Momento ludico teso a cementare i rapporti tra gli associati. Dopo tale data le notizie cominciano a scarseggiare. Cos’era successo? Me lo chiedevo da tempo. Poi, smanettando su internet, usando diverse parole chiave, trovo la strada giusta per ricostruire quanto accaduto.

Contattare la persona a cui ero risalita è stata un’impresa durata circa un anno, tra mail e telefonate a cui non ottenevo risposta. Insomma, finalmente, una mattina (ore 6,00 di New York) la persona a lungo cercata (forse perché appena balzata dal letto) mi risponde. Alla cornetta la mia voce pronuncia un fiume di parole per far intendere i miei obiettivi. «Vengo ad Agosto – è la laconica risposta – ci vediamo in redazione».

Michael Martinelli è puntuale all’appuntamento. Alto, possente, una zazzera folta di capelli argentei, entra nella mia stanza, si presenta e … mi vien spontaneo abbracciarlo. Si è sobbarcato ore di volo, chilometri di cielo, solo per esaudire la mia richiesta insistente.

Al mio fuoco di domande risponde con toni pacati, l’accento “uozzamerican”. Sceglie con cura le parole in italiano (che comprende benissimo e parla altrettanto bene) intervallate da qualche vocabolo USA che gli sfugge inavvertitamente.

DA CORATO AL NEW JERSEY

La storia è semplice. Michele Martinelli (oggi Michael) nasce a Corato, in via Paisiello 75, il 3 gennaio 1943. Frequenta la scuola elementare nelle suppenne di via Giappone e l’avviamento commerciale nelle stanze del Municipio. Il percorso scolastico si interrompe nel 1956 quando gli uliveti del padre subiscono una rovinosa gelatura. In famiglia il danaro scarseggia. Michele nel 1959 parte alla volta di Milano. Viene assunto come apprendista in un’azienda che produce pavimenti in asfalto per la Fiera di Milano, ma viene richiamato dal genitore al paese. Per due anni aiuta il padre nella conduzione dei terreni. Da via Paisiello la famiglia si trasferisce a Via Salvator Rosa 59.

«Ricordo che a 18 anni, insieme ad altri sei amici alti e forzuti, ho portato in processione il gruppo de “Il Calvario” durante la Settimana Santa. Allora si pagava per avere l’onore di portare a spalla un Mistero».

Giovane di appena 20 anni, è colpito dall’avvenenza di una “forestiera” giunta da New York a Corato per trascorrere i mesi estivi presso la zia che abita nella stessa strada. Lo colpiscono la grazia dei lineamenti, l’altezza, l’abbigliamento curato. Tutta un’altra cosa rispetto alle paesane. La segue nelle sue uscite al bar. Lei al Povia, lui al Centrale da dove ne osserva i modi eleganti e sicuri. Si confida con la madre di questa simpatia, lei lo lascia libero di decidere. Dopo una settimana bussa alla porta dei parenti di Rita Cuoci. «Da vicino era ancora più bella. Le chiedo se è libera. Sette giorni dopo giunge la risposta. È sì».

Il 25 settembre 1963 il matrimonio. A dicembre di quell’anno entrambi tornano in America a Union City nel New Jersey. Rita è già in attesa del primo figlio, Felice, nato il 1964. A gennaio 1963 Michele trova lavoro in un’azienda che costruisce biliardi. Due anni dopo legge un annuncio di lavoro sul giornale italo-americano. Cercano ebanisti falegnami. Avendo esperienza anche in quel settore si propone per il colloquio. Carlo Greco, il titolare, lo mette alla prova che viene brillantemente superata. La prima busta paga è di 210 dollari netti a settimana. Secondo il cambio di valuta italiano corrispondono a oltre 120.000 lire. In poco tempo compra casa, auto e persino l’aspirapolvere. Appresa la notizia, lo zio Giuseppe Martinelli, professore a Brescia gli scrive in toni scherzosi: “Ho fatto il professore per tutta la vita e guadagno solo 30.000 lire al mese”.

Dopo Felice nascono Antonio (nel 1969) e Giuseppina (nel 1977).

Michele cambia ancora occupazione, si dedica al settore alimentare e diventa titolare di un ristorante-pizzeria a West Milford nel New Jersey.

IL CLUB FRATERNITA’ CORATINA IN U.S.A.

Nel 1979 Michael Martinelli partecipa per la prima volta al Dinner Dance organizzato dal Club Fraternità Coratina a Bayside New York. A fine serata il presidente Aldo Pisicchio, già suo amico d’infanzia che aveva rivisto dopo 15 anni, gli chiede di entrare a far parte del direttivo. Nel 1989 il consiglio gli propone la presidenza. In un primo momento non accetta perché troppo lontano dalla sua residenza. Acconsente solo dopo lunghe insistenze nel 2004, essendo rimasto vedovo nel 2001 ed avendo subito un’altra perdita importante nel 2002, l’amico fraterno Salvatore Mangione, vice presidente del Club.

La comunità contava oltre 150 soci coratini, purtroppo sparsi su di un territorio metropolitano molto ampio. Non riuscivano a riunirsi con assiduità malgrado vi fosse (ancora oggi) una buona concentrazione di coratini nel Withestone Bayside Boro, ricco quartiere residenziale sito nella parte settentrionale di New York City.

Michele propone di chiudere la sede perchè troppo dispendiosa (1.000 dollari al mese) ed utilizzare le quote per organizzare feste a tema (molta partecipazione riscuote quella di maggio dedicata alla mamma) e soggiorni culturali (ad agosto un mini week end sulle montagne circostanti New York, sempre in villaggi turistici gestiti da italiani), a novembre la famosa Dinner Dance, la gran soirèe con musica dal vivo (rigorosamente di orchestra italiana) a cui partecipavano tutti i soci in dress code black.

Col trascorrere del tempo l’età degli associati avanza, l’idea di coratinità, di madre patria, va scemando nelle nuove generazioni. Ricordi e sentimenti sbiadiscono e si affievoliscono.

LA UNITED PUGLIESI FEDERATION

Nel 1989 si era costituita (in occasione della visita pastorale a New York dell’Arcivescovo di Bari Mariano Magrassi), la United Pugliesi Federation che riunisce oggi circa 21 associazioni di pugliesi nell’area metropolitana di New York, rappresentando oltre 2000 famiglie di emigrati.

Michele propone l’adesione a tale associazione che ha la finalità di incoraggiare e favorire la conoscenza della Puglia, delle sue tradizioni e della sua cultura, svolgendo tutta una serie di attività culturali ed educative.

Tra i numerosi eventi proposti da questa federazione spicca l’annuale “Settimana Pugliese”, con dibattiti, degustazioni, concerti che si conclude con il tanto atteso “galà” culminante nell’elezione di Miss Puglia, manifestazione ormai popolarissima a New York.

Ma la United Federation si distingue anche per l’attenzione prestata alle nuove generazioni di pugliesi in America, a favore delle quali sono state assunte una serie di interessanti iniziative, come la concessione di borse studio a 5 tra i giovani più meritevoli, mentre altri 5 sono stati inviati in Italia per svolgere un’attività di stage presso imprenditori pugliesi.

Il presidente è John Mustaro (padre calabrese, madre altamurana) e anch’egli sottolinea come la percentuale di pugliesi di seconda e terza generazione che partecipa alle attività è piuttosto bassa.

La comunità italiana si è perfettamente inserita nella società newyorkese, con la conseguenza che i più giovani hanno solo una conoscenza approssimativa della loro terra d’origine.

Proprio per rafforzare questo legame con la Puglia, 3 anni fa è stata costituita, nell’ambito della Federazione, “Amici della Puglia”, un’organizzazione di giovani pugliesi il cui presidente, Rosamaria Mancini, è stata eletta anche consigliere del Consiglio generale dei Pugliesi nel mondo nel 2006. Nello svolgimento delle sue numerose attività, la United Federation si avvale di stretti legami tanto con le istituzioni di New York quanto con il governo centrale e regionale in Italia, con i quali coopera regolarmente nell’organizzazione di meetings e conventions, attività educative e culturali. La redazione de LO STRADONE ha intenzione di proporsi come ponte di collegamento tra questa realtà ed il comune di Corato.

Purtroppo il soggiorno di Michael a Corato è stato breve, non si è avuto il tempo per allacciare eventuali rapporti con l’attuale amministrazione. È uno dei nostri obiettivi affinchè il legame tra Corato ed America resti ben saldo.

 

LO STRADONE OTTOBRE 2013

Louis Piancone

Il principe del food italiano negli Stati Uniti d’America

Marina Labartino

Luigi Piancone è un grande uomo d’affari ma anche un uomo di grande generosità. Secondo di cinque figli maschi, nasce a Corato il primo gennaio 1929 da Cataldo e Maria Falco. Con la famiglia dimora nei pressi dell’edificio Fornelli, dove frequenta la scuola elementare, per poi trasferirsi a Piazza Parini. Giovinetto aiuta il padre contadino nelle attività agricole, ma la sua aspirazione è l’America, stampata a lettere cubitali nel cuore e nella mente.

Il fato gli è propizio: un cugino della madre giunge dagli Stati Uniti con le foto delle sue figlie. L’intento è quello di darle in moglie ad altrettanti coratini. Con Graziella (Grace) è amore a prima vista. Anche perché gli consente di realizzare il suo sogno. Le nozze vengono festeggiate in pompa magna dopo pochi mesi. Nel 1951, a soli 22 anni è già coniugato e pronto ad affrontare l’avventura americana nel New Jersey. «Rimboccarsi le maniche e lavorare duro è stato il mio unico pensiero».

Luigi (ormai detto Louis) inizia la sua carriera lavorativa in USA come impiegato in una salumeria.

Dopo quattro anni ha risparmiato abbastanza per mettersi in proprio. Il suo nuovo esercizio commerciale a Bradley Beach, N.Y, trabocca di specialità gastronomiche italiane che vanno alla grande. Freschezza e servizio efficiente, uniti ad un tocco personale ne decretano il successo. Louis non è soddisfatto. Nel 1961 apre un secondo negozio nella vicina Keansburg. In breve tempo i redditizi negozi al dettaglio, allocati in altre aree, diventano sette. Ritenendo che se voleva garantire prodotti freschi a tutte le sue rivendite, il modo migliore era fare da sé, cavalca il settore della rappresentanza alimentare e dà vita alla “Roma Food Distributors”. Contemporaneamente, avvia una catena di ristoranti nei quali è possibile degustare delizie italiane e tutti gli altri prodotti commercializzati dalla sua azienda. Nel 1970 fonda la “Roma Food Enterprises” il cui raggio d’azione passa dallo stato del New Jersey (nel quale ha sede la società madre) a quelli della Florida, Texas, Georgia, South Carolina, California, Arizona, Messico.

Pochissimi i gestori di autotrasporti, nessuno adatto a soddisfare le sue esigenze. Solo la Carrier Transicold gli dà qualche garanzia. Una flotta di 125 semirimorchi refrigerati (tutti verniciati con il tricolore italiano) e oltre 500 dipendenti, percorre le autostrade da costa a costa per fornire ai suoi clienti un servizio personalizzato di alta classe. Le motrici dei suoi rimorchi portano il nome di Carrier Transicold.

Oggi mister Piancone è uno dei più grandi imprenditori statunitensi nel ramo della distribuzione alimentare all'ingrosso. Il 90% dei prodotti giunge dall’Italia, l’olio extravergine di oliva dei prodotti a marchio Piancone, è esclusivamente di cultivar “coratina”.

Il motto a cui si attiene da oltre cinquant’anni “un servizio di qualità con prodotti di qualità” è la chiave del suo successo, apprezzato dai numerosissimi clienti: pizzerie, ristoranti, esercizi commerciali alimentari, ecc. che acquistano dalla “Roma Food” le eccellenze gastronomiche internazionali, ma anche un’ampia gamma di oggetti non alimentari utilizzati nel settore alimentare.

La rivista “Roma Pizza Review” pubblicata e distribuita dalla “Roma Gourmet Food Enterprises of California”, di cui Louis Piancone è presidente e CEO, funge da trait d’union tra i diversi esercenti, molti dei quali fedeli da oltre 50 anni, legati a mister Piancone da veri sentimenti di amicizia, e, più che il danaro, per lui è questo che conta maggiormente.

Nel tempo la sua ambizione culturale si completa con la laurea in Marketing.

Il dott. Piancone, quale presidente onorario dell’azienda, continua incessantemente a frequentare le sue filiali. Al suo passaggio il rispetto nei suoi confronti è tangibile, non si ode volare una mosca, solo il ronzio dei carrelli elevatori che accatastano la merce nei magazzini o la trasferiscono sui tir rombanti, pronti a partire per le varie destinazioni. Malgrado il timore reverenziale che incute tra gli operai, è un uomo amabile, orgogliosissimo delle sue origini italiane, pugliesi e coratine.

La veneranda età non gli impedisce di praticare l’equitazione e di partecipare a dressage e sfilate di attacchi d’epoca in tutto il mondo, a bordo delle sue eleganti carrozze con tiro a quattro. La sua passione restano i finimenti antichi equestri (possiede una selleria personale) e le auto d’epoca, di cui fa collezione in un’ ala ad essi riservata nella sua grandissima dimora/rench nel New Jersey. Duemila ettari di superficie che comprende: laghetto, dependance, piscina, giardini all’inglese, campo da golf e persino un allevamento di bovini e cavalli per sfilate. In questa oasi impeccabile, al rientro della sua giornata lavorativa, ama rilassarsi sorseggiando un Martini con classica oliva e fumando un aromatico sigaro. Oltre a questa abitazione, ne possiede altrettante in ogni Stato nel quale insistono le sue filiali, in cui alloggia quando si sposta per affari. Predilige soggiornare nel New Jersey durante il periodo estivo, mentre trascorre i mesi invernali nella sua residenza in Florida.

Il dott. Piancone è noto anche per la sua filantropia. Nel corso della sua vita ha aiutato e continua ad aiutare chiunque si rivolga a lui. Molti sono coloro che hanno potuto e possono contare sulla sua persona per inserirsi nella vita sociale o economica americana, ma anche solo per ottenere un sostegno morale ed affettivo. Di sovente partecipa ad aste pubbliche di beneficenza in cui si aggiudica i pezzi più pregiati, come Cadillac e gioielli d’alta classe. Nel 1988 diventa ambasciatore non ufficiale di pizza nel mondo, per aver portato in Unione Sovietica la vera pizza italiana. Nella Piazza Rossa di Mosca sono stati venduti 54 quintali di pizza ed i fondi raccolti sono stati dal dott. Piancone devoluti in beneficenza.

Nel 1987, in uno sforzo che ha generato migliaia di dollari nelle casse della Croce Rossa Americana, una delle tante organizzazioni di beneficienza che “Roma Food” sostiene, l’azienda ha prodotto una pizza dal diametro di 30 metri e 48 centimetri, guadagnando il Guiness dei Primati; primato ripetuto nel 1989 con una pizza del diametro di 36 metri e 58 centimetri cotta da Lorenzo Amato del Cafe di Lorenzo (nella città di Tallahassee, capitale della Florida). La pizza fu tagliata in 94.248 pezzi e consumata da oltre 30.000 spettatori.

Il dott. Piancone è regolarmente invitato a partecipare ad eventi mondani, come il NIAF- The National Italian American Foundation di Washington (giunto alla sua 38^ edizione, di cui in passato è stato presidente e, attualmente, inserito nell’albo doro dei sostenitori), a cui intervengono importanti esponenti del mondo del cinema (come Sophia Loren, Robert De Niro, Al Pacino), della musica (come Andrea Bocelli), della moda (Miuccia Prada, Paola Fendi, Giorgio Armani) della politica, della cultura e della finanza, nonché illustri italo-americani. In tale occasione la Fondazione conferisce riconoscimenti ed onorificenze ad eminenti personalità italiane ed italo-americane che si sono particolarmente distinte nel loro ruolo artistico, culturale, professionale e/o civico, assegna borse di studio a studenti italo-americani per una somma annua pari a circa un milione di dollari, promuove i rapporti economici e culturali tra Italia e Stati Uniti.

Il dott. Piancone torna sistematicamente in Italia e non disdegna di cavalcare i destrieri custoditi presso il Circolo Ippico San Giuseppe, di proprietà della nipote Mariella Piancone, figlia del fratello maggiore Giuseppe.

I tre figli: Marietta, Louis e Stefano portano avanti con immutata professionalità l’opera fondata dal padre nel 1955, seguendo pedissequamente i semplici segreti dell’augusto genitore: “Date alla gente cibo fresco e da gourmet a prezzi ragionevoli ed il successo sarà vostro” ed anche “Diamo valore aggiunto ai vostri affari”.

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I cinque fratelli Piancone a fine anni ’90. Da sinistra, seduti, Giuseppe (deceduto) e Luigi. In piedi: Stefano (residente a Como), Giovanni (deceduto) e Michele (residente in Messico)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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I genitori di Louis: Cataldo Piancone e Maria Falco davanti uno dei primi furgoncini a marchio L.Piancone & Co.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Louis Piancone con i genitori ed i figli Marietta e Louis nel suo primo negozio di specialità gastronomiche

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Il dott. Piancone alla guida del suo splendido tiro a quattro, durante una sfilata di carrozze ed attacchi d’epoca

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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A Corato, presso il Circolo Ippico Piancone, con i pronipoti Filiberto (a cavallo) e Giuseppe, figli della nipote Mariella

 

LO STRADONE FEBBRAIO NOVEMBRE 2014

LO STRADONE FEBBRAIO 2014

Olivi: simbolo di un’amicizia sempre verde

Da Corato a Grenoble nella nota Place Saint Laurent

Di marina labartino

Olivi grenoble 250      Olivi grenoble 251A poche ore dalla chiusura del giornale, giunge in redazione la lettera di monsieur Dominique Rutigliano da Grenoble, il quale, oltre a porgerci gli auguri di buon anno, ci allega tre luminose immagini che ritraggono gli alberi di olivo, donati qualche tempo fa, dal Comune di Corato alla capitale del Delfinato.

Le piante sono state interrate nelle aiuole che adornano la fine di Rue Saint Laurent, esattamente in Place Saint Laurent, un luogo importante per tutti i nostri emigranti che, nelle case di tale quartiere hanno trovato prima accoglienza, giunti in Francia alla ricerca di un’occupazione dignitosa.

«Voilà – continua la missiva – spero vi faccia piacere vedere e sapere che crescono rigogliosi e circondati dall’affetto di chi sotto la loro ombra passeggia. Tutti i residenti di origine coratina vi ringraziano per il gradito dono che sarà incorniciato dalle colorate infiorescenze primaverili, prossime ad essere piantumate».

Regalare un albero di ulivo, simbolo di vita, pace, purezza, dolcezza e semplicità è un gesto eloquente. I coratini, abituati ad un paesaggio che li vede fittamente protagonisti, spesso non ne comprendono il valore (se non in termini economici, durante la raccolta del frutto). Invece va ricordato che è un albero sempre verde, segno della vita che non muore. La vita che resta "sempre verde" se si fa dono non tanto di cose materiali, ma di se stessi: nell'amicizia, nell'affetto sincero, nell'aiuto fraterno, nel tempo condiviso e nell'ascolto reciproco. Coltivare un ulivo donato significa coltivare questi valori ed il Comune di Grenoble non manca di farlo, un po’ come fa LO STRADONE, che conserva stretti rapporti con i nostri emigranti.

La redazione si sta, infatti, organizzando per essere presente ai festeggiamenti del trentennale dell’Associazione “Coratini di Grenoble et d’environs”. Non vediamo l’ora di esserci.

 

LO STRADONE NOVEMBRE 2014

Association des Travailleurs de l’Europe Unie (ATEU)

Sessanta “giovanotti”a spasso per le bellezze della Puglia

Di Rossella Cipri

Foto 2 4 v   Foto 4 1Sono arrivati durante la mattinata, venerdì 10 ottobre, all’Hotel Parco Serrone di Corato. Hanno viaggiato tutta la notte, ma i loro volti non mostrano alcun segno di stanchezza. Il loro animo mostra la spensieratezza e la vivacità dei ventenni; solo il dato anagrafico tradisce questi “ragazzi” dell’età media di 60 anni. Chiedo a Monsieur Pavese, presidente dell’Associazione des Travailleurs se dopo pranzo avrebbero riposato. Mi guarda sbigottito e risponde: «riposare non fa per noi; nel pomeriggio dobbiamo passeggiare per le vie di Corato, alla scoperta della vecchia città».

Lo osservo stupita da questa sua affermazione mentre, con un classico cenno da capitano richiama la sua truppa e in un melodico francese dice: «alle cinque ci vediamo tutti giù in reception».

Prima di sederci a pranzo, su gentile invito dell’associazione, esteso a noi de Lo Stradone, insieme al Sindaco di Corato Massimo Mazzilli, al vice sindaco Francesco Scaringella e all’assessore provinciale Franco Caputo, scambiamo due chiacchiere con Monsieur Pavese, con il suo stretto collaboratore Monsieur Haussmann e con Monsieur Marrone, valente e attivo membro dell’AAPRM (Associazione Aiuto per Malati Renali) che collabora con l’Associazione des Travailleurs. Il suo apporto è fondamentale e consiste nella programmazione, durante i viaggi, del complesso servizio di laboratorio per dializzati, finalizzato a consentire la partecipazione ai viaggi organizzati anche a coloro che devono necessariamente sottoporsi a dialisi.

In continuo movimento, l’Association des Travailleurs, attiva da ormai undici anni, conta 270 adesioni tra famiglie e single, raggiungendo un numero di circa 700 soci.

Tanti i viaggi effettuati dall’associazione, come la gita in Spagna e la splendida crociera sul Mar Mediterraneo; ma anche molti pranzi e cene danzanti, organizzati per regalare, a chi si sente solo, un pò di allegria e far ricongiungere famiglie o amici che, con gli anni, hanno perso i contatti fra loro.

Lo scopo che l’ATEU si prefissa è quello di riunire tutti i lavoratori europei, perseguendo l’obiettivo di promuovere contatti con altre nazioni. Monsieur Pavese ci racconta che, nonostante siamo nel 2014, la Fontaine (Grenoble) continua ad accogliere famiglie coratine emigranti. Ben cinque dall’inizio del mese, alcune delle quali fortunatamente hanno già trovato lavoro.

L’acuirsi della crisi economica coinvolge tanti paesi d’Europa e l’Italia sta soffrendo particolarmente la mancanza di stabilità e prospettive.

La fuga dal nostro Paese verso i paesi esteri, alla ricerca di possibilità occupazionali solide coinvolge un numero sempre maggiore di nostri connazionali.

Il migrante di oggi è colui che, avendo acquisito in Italia un titolo di studio, non potendosi realizzare nella sua terra cerca fortuna negli altri paesi del mondo. A partire sono neo laureati, dottori, ingegneri, giovani risorse che scelgono di lasciare il proprio paese alla ricerca di un futuro migliore. Oggi chi parte, porta con sé il suo computer e tante speranze, un po’ come gli italiani del dopoguerra, giunti in ogni parte del mondo con la valigia di cartone, piena di pochi indumenti e tanti sogni.

«Mi domando perchè? - dice Monsieur Pavese. Perchè la nostra madrepatria ci fa questo? Se fosse così potente non lascerebbe andar via i suoi figli!».

Una affermazione che lascia l’amaro in bocca e che fa riflettere soprattutto chi, più giovane, sente il proprio futuro direttamente chiamato in causa.

«Il sud ogni volta ci accoglie con allegria ed entusiasmo; lo stesso non si può dire del nord» ci confida Pavese. «Nell’Italia Settentrionale dicono che con noi lievitano i prezzi. Io dico che con noi arrivano un po’ di soldi, afferma sorridendo Monsieur Pavese.

Non tutti i partecipanti di questo viaggio hanno origini coratine, «ma parliamo così spesso di Corato che sono stati i primi a voler visitare il nostro paese».

Monsieur Pavese è nato in Francia, anche se dal suo corretto italiano non si direbbe. Suo padre era di Ferrandina in provincia di Matera, sua madre coratina doc. «In casa parliamo italiano, mia moglie è nata a Corato e all’età di undici anni si è trasferita in Francia. Inoltre la lingua italiana è utile anche per i nostri viaggi e per comunicare con i ristoratori durante i nostri soggiorni. La conoscenza delle lingue è fondamentale».

Ammiro la sua apertura mentale, il fatto di aver superato la convinzione, tipica degli italiani, che sia sufficiente la conoscenza della lingua madre e non necessario l’apprendimento delle lingue più diffuse nel globo.

Monsieur Marrone per anni si è occupato della realizzazione di viaggi per dializzati. «Ora l’età avanza e quindi cerchiamo di fare un’unica tappa all’anno, Lourdes» ci confida.

Quest’anno anche Monsieur Pavese e Monsieur Haussmann hanno affrontato questo cammino spirituale: «abbiamo ritrovato la nostra fede, che era andata perduta per l’assenza in Francia di chiese aperte e di parroci».

Il sentimento religioso e la professione cattolica ormai in Francia sono poco radicati e diffusi. È raro trovare Chiese in cui si amministrino i sacramenti, dato il numero sempre inferiore di sacerdoti e ministri. «Tempo fa avevamo una missione cattolica molto frequentata, soprattutto dalle persone anziane, ma anche quella è andata perduta, hanno deciso di chiuderla e adesso non c’è più un punto di riferimento per chi crede. Mi domando se al Vaticano sanno cosa succede dalle nostre parti» protesta Marrone.

Un caloroso applauso accoglie il Sindaco al suo arrivo; dopo saluti, abbracci e strette di mano iniziali, Monsieur Pavese a nome dell’Associazione dona al primo cittadino prodotti tipici francesi, mentre l’amministrazione ricambia con un libro fotografico della nostra splendida Corato. «L’auspicio - evidenzia Mazzilli - è che possiate trascorrere un fantastico soggiorno qui a Corato. Ospitarvi per noi è un grande piacere. Vi auguriamo di riportare con voi in Francia bellissimi ricordi. Ed io vi prometto di venire da voi a la Fontaine per incrementare i rapporti tra la nostra e la vostra città».

«Lo scambio è un rapporto di grandi valori come l’uguaglianza e l’amicizia, fondamentali per la vita della nostra città», ribatte Monsieur Pavese.

E conclude: «Conoscere la Puglia e la città di Corato vorrà dire raffornazare i nostri legami portando con noi tracce indelebili delle nostre origini».

 

LO STRADONE APRILE GIUGNO SETTEMBRE OTTOBRE 2015

LO STRADONE APRILE 2015

Il re degli antifurti

La scalata di Domenico Petrone: da piccolo emigrante a presidente di Viasat Group

Marina Labartino

“TUTTO INIZIA DAI SOGNI. NAVIGARE MARI IN TEMPESTA, AVERE IL CORAGGIO DI OSARE, FARE, SEGUENDO LA PASSIONE, IL CUORE, L’ISTINTO, LE ONDE… INSEGUIRE I PROPRI SOGNI CON AZIONI CONCRETE, CAPIRE IL MONDO CHE CI CIRCONDA, ESSERE PRONTI A COGLIERE LE OPPORTUNITA’ EVOLUTIVE DEL MOMENTO, PERSEGUENDO VALORI E PRINCIPI DI NATURA ETICA. IN ALTRE PAROLE DARE UNO SCOPO ALLA PROPRIA ESISTENZA, VIVENDO FERVIDAMENTE, AMBIZIOSAMENTE, INTENSAMENTE! (Domenico Petrone)”

Pedro era il suo nome d’arte quando, giovane amante delle atmosfere evocate dai Beatles e Rolling Stones, suonava il sax nella band “Gli Innominati”. I compaesani coratini lo conoscono come Mimmo, ma il suo nome all’anagrafe è Domenico Petrone, oggi a capo di Viasat Group, azienda leader in Europa nei sistemi di sicurezza, telematica di bordo e localizzazione satellitare.

Il mese scorso, quale esempio eccellente dell’imprenditoria italiana, è stato ospite del programma Virus su Rai 2, intervistato dal conduttore andriese Nicola Porro. Certo, un orgoglio italiano, ma soprattutto coratino.

Le origini vengono puntualizzate da Domenico (nato a Corato il 13 aprile 1950), fin dalle prime battute intercorse con il giornalista. Una storia comune a molte altre storie di emigrazione. La sua però ha un epilogo strepitoso: da piccolo emigrante a presidente di una prestigiosa multinazionale. Domenico è un uomo dalla forte personalità, partito dal nulla, che ha lottato per la propria affermazione ed ha conquistato mete insperabili. «Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose – sottolinea il presidente Petrone rifacendosi ad Albert Einstein - La crisi è la più grande benedizione per le persone e le nazioni, perché porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia. È nella crisi che nasce l’inventiva, le scoperte, le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato. La cosa più importante è dunque reagire alle calamità degli elementi con grinta e convinzione».

La crisi economica

A Corato, come in altre parti d’Italia, la crisi si manifesta nei decenni successivi ai due conflitti mondiali.

Il nonno paterno suo omonimo, emigrò nel mese di agosto del 1920 a New York a bordo della nave Aquitania con 3.232 emigranti a bordo, partendo dal porto di Napoli, e viaggiando per un mese alla velocità media di ventitré nodi. In America visse e lavorò, attraversando la depressione economica del 1929, ma non fece più ritorno a Corato, lasciando moglie e figli nel rammarico di una vita sofferta in attesa del nulla.

Verso la metà degli anni ’50 per il padre di Domenico, Francesco Petrone noto come Tettìlle, si ripete l’incubo dell’esodo. Ingegnoso e valido maestro ebanista con bottega su via Galliano (traversa di via San Vito), parte da Corato alla volta di Torino, ospite della nipote Nicoletta Bruno, figlia di Maria Ardito, sorella della moglie Francesca Ardito.

Lascia una casa senza riscaldamento, senza acqua corrente, senza bagno e vende la Lambretta, unico mezzo di locomozione della famiglia.

02 papa di petronedFOTO  PAPA DI PETRONE

Uno dei primi ricordi coratini di Domenico è legato alle fontane rionali: lunghe fila di gente, in attesa di attingere acqua a mezzo delle “quartare”, pesanti brocche in zinco per assicurarsi la scorta quotidiana. Un compito che spettava al piccolo Mimmo, di soli sette anni. L’altro ricordo attiene al mondo della scuola: «l’aula grandissima e rimbombante delle voci di tanti alunni, i banchi enormi, il maestro dalla voce minacciosa, che rimproverava tutti senza motivo, che malmenava con severità i piccoli studenti con una verga di canna, e poi li metteva in castigo, in piedi, nell’angolo della classe, la faccia rivolta verso il muro. A me capitava spesso. Forse per questo non ho mai frequentato volentieri la scuola».

L’emigrazione a Torino

Tettìlle è raggiunto dalla madre, dai figli e dalla moglie Francesca nell’estate del 1957. È il viaggio della speranza, interminabile, a bordo di uno sbuffante treno a vapore. Nella capitale sabauda l’accoglienza non è delle migliori. All’ingresso dei bar di piazza Villari, come in altri luoghi di Torino, campeggiava la scritta “vietato l’ingresso ai cani e ai terroni”, sulla facciata dei portoni ricorreva l’avviso “Non si affitta ai meridionali”.

Ma l’onestà e la voglia di lavorare viene apprezzata. Sebbene Tettille non possa mettere a frutto la sua abilità nel trarre dal legno massello mobili di pregio perché negli anni ’60 cominciava già a farsi strada la moda di suppellettili in lucida fòrmica, viene assunto come operaio in una falegnameria artigianale.

Dal suo canto, il piccolo Domenico fa fatica ad integrarsi. Parla poco bene l’italiano e i ragazzini lo escludono dai loro giochi. La notte sogna spesso di tornare al suo paese assolato, dalle mura bionde di tufi calcarei, di volare leggero su campi di papaveri rossi. Un volo foriero di ben più concrete affermazioni. Di giorno si divide tra la scuola e uno sgabuzzino dove si cimenta in passatempi complicati, monta e smonta meccanismi realizzati col meccano, col traforo in legno costruisce piccoli giochi. Questa sua primigenia passione si trasforma con gli anni in cablaggio di interruttori collegati a pile, lampadine e valvole elettroniche.

Il padre Tettille viene licenziato dalla fabbrica. Si inventa fioraio di garofani all’uscita della Chiesa di Madonna di Campagna. Il giorno in cui esordiscono nella nuova attività, il piccolo Domenico lo accompagna. Non vendono neanche un fiore. La padrona di casa intuisce la situazione, teme mancati pagamenti della pigione e sfratta la famiglia. Il nuovo appartamento è nel quartiere Lucento, su via Bernardino Luini 157.

Nel frattempo Torino si prepara ai grandiosi festeggiamenti legati al centenario dell’unità d’Italia, ricordato come “Italia 61” periodo in cui inizia il vero boom economico del nostro Bel Paese.

«Nascono ovunque nuovi quartieri – ricorda il presidente Petrone – ma soprattutto Palazzo Vela e il polo fieristico: finalmente c’era nuovamente bisogno di manufatti in legno. Mio padre trova lavoro in una ditta appaltatrice e comincia a guadagnare bene. Io entro come garzone presso il barbiere Ignazio su via B. Luini».

Comincia il benessere

L’esistenza della famiglia Petrone comincia a scorrere sul binario giusto, il reddito paterno garantisce un tenore di vita dignitoso che consente di acquistare la prima automobile: una Fiat 500 modello Topolino.

Terminate le scuole medie, Domenico è iscritto ai corsi professionali per corrispondenza della scuola Radio Elettra. Anziché giocare a calcio come gli altri suoi coetanei, si chiude nella cameretta, dove ha attrezzato un piccolo laboratorio, con tanto di impianto elettrico e saldatore a stagno. A 15 anni realizza una magnifica grossa radio a valvole, con mobile in noce e frontalino in plexiglas, perfettamente funzionante sulle diverse frequenze.

La grande opportunità per la famiglia arriva casualmente: Tettille rileva una pompa di benzina AGIP su corso Potenza, angolo via Luini. Domenico lo aiuta nel tempo libero. La Fiat comincia a sfornare auto dopo auto, trionfano le superutilitarie, compatibili con il modesto bilancio delle famiglie operaie. Le vacanze di massa ad agosto ed i week end fuori porta sono ormai una costante per tutti e la benzina diventa un bene indispensabile.

L’attività rende bene, Tettille vi si dedica a tempo pieno, lasciando l’altra occupazione. Ogni sera porta a casa un incasso sempre più sostanzioso e Domenico è pronto, al fianco della madre, vero motore della famiglia, a contare ad una ad una le banconote, proventi della giornata. L’abitazione si arricchisce di comodità: il frigorifero, la televisione e una fiammante Simca 1000, in sostituzione della vecchia Topolino.

Il momento felice viene interrotto da una tragica fatalità: la madre Francesca, a soli 39 anni, muore a causa di una errata anestesia durante una banale operazione di ernia presso l’Ospedale Maria Vittoria. Il colpo è durissimo. La famiglia si amplia con l’ingresso di una nuova moglie che porta con sé anche i suoi figli.

L’ascesa verso l’indipendenza

Domenico è già 18enne, si sente adulto e sogna di costruirsi un’indipendenza. In quel periodo inizia ad emergere il suo forte senso per gli affari, fonda un club che organizza viaggi e gite domenicali, “Teen Agers of Turin Pedro’s Trips”. Il successo è strepitoso. Ma prende anche corpo una piccola persecuzione. Il furto di una serie di oggetti: la bici prima, poi la Vespa nuova di zecca, ricevuta in occasione di un suo compleanno, infine la splendida Innocenti spider rossa con capote bianca, dono per il conseguimento della patente.

07 petrone sax

FOTO PETRONE SAX

La sua ascesa ricorda molto quella di Steve Jobs: come il celeberrimo fondatore di Apple anche Domenico è un “visionario”, «Terrone folle ed affamato», non si è mai laureato e la sua carriera comincia in un garage.

Lo affascina l’instancabile sete di ricerca e innovazione di Adriano Olivetti, che diventa il suo punto di riferimento. Come l’ing. Olivetti, anche Domenico vive la ribellione tipica del figlio intelligente e creativo, con la pazienza di chi sa bene che «la cosa migliore del futuro è che arriva un giorno alla volta (Abramo Lincoln)».

Si diploma in elettronica e viene assunto come “cablatore” nel gruppo Comau/Fase società specializzata nella fornitura d’impianti di automazione industriale per il gruppo Fiat. Con i risparmi dei primi stipendi acquista una 500 e la dota del primo antifurto a spinotto. Il dispositivo dà esito positivo e viene montato anche sulle auto degli amici. Il titolare della Comau però, è convinto che l’elettronica non sarebbe mai entrata nell’industria perché “con due relè si può fare tutto. Se proprio lei vuol costruire strumenti elettronici li faccia a casa sua.”

Così a soli 23 anni, Domenico lo prende in parola. Sposa la fidanzatina Giovanna e va con lei a vivere in un piccolo appartamento di via Segantini. Contemporaneamente allestisce il primo laboratorio elettronico in via Pacchiotti. Dopo pochi mesi nasce Barbara, dopo meno di tre arriva il piccolo Marco.

 

 

La prima azienda

Costituisce la Minuzzo Sas ed inizia «a progettare e realizzare i primi prototipi e piccole serie di dispositivi e schede elettroniche per le apparecchiature elettriche che fornivamo alla Comau/Fase». Domenico si divide tra la prima azienda e la seconda.

Alla Fase scala gli incarichi: da operaio a progettista, caporeparto, capofficina, dirigente (a soli 33 anni) infine direttore. La gradualità è l’arte della saggezza e non fa commettere errori, più del dovuto, più del necessario. Una gradualità unita alla perseveranza, in un miscuglio di ingredienti che si chiamano dedizione, impegno, approccio accurato, forza di volontà.

Frattanto il laboratorio di via Pacchiotti diventa inadeguato. In un basso fabbricato di via G. Borsi dà vita alla Elem S.r.l. (Elettrotecnica, Elettronica, Montaggi). Domenico lascia definitivamente la Fase, che in poco tempo imbocca un vicolo cieco ed è messa in liquidazione.

Nel decennio 1981-1990 il crescente successo industriale di Elem rende necessario per ben tre volte il trasferimento dell’attività in locali più ampi e più attrezzati per ospitare lavorazioni di elevata sofisticazione. Viene costituita la Exe.Fin. S.p.A. Nel 1991 si inaugura un nuovo insediamento produttivo di 6.000 mq nel comune di Venaria Reale (Torino). Nel 1992 l’azienda è una delle prime in Italia ad essere certificata ISO 9001. Risalgono agli ultimi anni del decennio i primi studi d’integrazione dei microprocessori su moduli GSM e Gps. Nascono i primi Sistemi di Sicurezza Satellitare. Nel 2000 viene acquisito e strutturato un secondo stabilimento per la produzione di moduli e sistemi elettronici automotive. Nel 2002 arriva il grande salto, con l’acquisizione del colosso Viasat S.p.A., società leader in Italia nei Servizi di Protezione e Localizzazione Satellitare per l’auto e per chi viaggia.

«Peccato che l’azienda perdeva circa un milione di euro al mese – confessa Domenico con un sorriso – I miei commercialisti dicevano che ero un pazzo. In tre mesi l’abbiamo portata in pareggio, lasciando su Roma tutta la parte telematica e commerciale, mentre su Torino quella industriale. Ritenevo che l’idea di integrare tre tecnologie (Gps, Gsm e computer) che fino a quel momento viaggiavano su binari diversi, fosse geniale. Abbiamo prestato un’attenzione maniacale alle inefficienze ed ora in questo settore siamo leader in Europa con 350 persone che pensano, sviluppano e producono».

L’acquisizione di Viasat

Nel 2004 il Gruppo acquisisce il controllo del principale concorrente italiano, Movitrack S.p.A., con cui avvia nuove iniziative con focus sui servizi di sicurezza e sui servizi assicurativi, e i primi progetti di localizzazione, assistenza e soccorso in ambito europeo. La ragione sociale della capogruppo muta in Viasat Group S.p.A. (2007). Viene acquisita Redco Infomobility, esperta nella progettazione e fornitura di terminali di bordo e piattaforme telematiche multiservice, multidevice in ambito “fleet management”, logistica e sicurezza. Nel 2008 nasce Vem Solutions S.p.A.

Nel 2009, sotto l’alto patrocinio del Presidente della Repubblica italiana, il gruppo viene insignito dell’Oscar di Bilancio.

16 petrone d imprenditoredellanno 2011FOTO PETRONE D IMPRENDITORE

Il 23 gennaio 2012 a Domenico Petrone viene attribuito il premio promosso da Ernst&Young “Imprenditore dell’Anno 2011” per la categoria Technology&Innovation “per essere riuscito a dimostrare, attraverso importanti risultati conseguiti in 37 anni di attività, che con impegno, approccio positivo, determinazione e guidati dai valori è possibile costruire un futuro migliore e di successo”.

Nello stesso anno nasce Viasat Servicios Telematicos, società di diritto spagnolo, con sede a Madrid, che si propone di replicare, in terra iberica, i successi ottenuti in Italia; nel 2013 è la volta di Viasat Telematics Ltd in Gran Bretagna e nel 2014 viene acquisito il 70% della britannica Enigma Telematics.

Il 1 dicembre 2014 presso la Borsa Italiana a Milano, Viasat Group è stata nuovamente selezionata tra le finaliste del premio Oscar di Bilancio nella sezione “Medie e Piccole Imprese non Quotate”, premio promosso ed organizzato da FERPI - Federazione Relazioni Pubbliche Italiana.

Il resto è storia in divenire, rafforzata dall’impegno al fianco di Petrone dei figli Barbara e Marco, quest’ultimo laureato in Giurisprudenza con master in strategia aziendale alla Bocconi.

Tutto ciò «nonostante la situazione italiana non aiuti le imprese. Amo l’Italia, ma ormai non solo è difficile avviare un’impresa, ma addirittura è arduo mantenere quelle già esistenti. La telematica, ha grandi prospettive per il futuro, anche in termini occupazionali, purché si liberino le aziende dai vincoli burocratici che le appesantiscono nella competizione globale. Ad oggi, anche in assenza di specifici interventi normativi, Viasat riesce a essere vincente. Immagini cosa potremmo fare, di più e meglio, in una situazione appena più favorevole» ribadisce l’imprenditore.

18 petrone tutti

Come un cerchio che si chiude in positivo, ritorna la parola crisi. «Nella crisi una persona si fa”'la punta” al cervello per capire come uscirne. Devi tirarti su le maniche e lavorare».

In attesa di averlo nostro ospite al “Premio le Torri di Corato”, affidiamo la conclusione di questo lungo articolo, ancora una volta, alle parole di Domenico Petrone, parole che risuonano di un’eco di speranza, di gusto per le sfide, rivolte soprattutto alle giovani generazioni, affacciate all’attuale mondo lavorativo, confuso e frastagliato, costellato da carriere precarie: «Vivere senza un sogno è come navigare senza bussola. Inoltre, credo che per ogni individuo, anche negli anni maturi, sia importante continuare a sognare. Se non sogni più, inizi un po’ a morire».

 

 

LO STRADONE GIUGNO 2015

Nino enza cusannoUna sorpresa per la famiglia Cusanno di Rochester

Spett.le Redazione,

leggo spesso il vostro giornale ed apprezzo in particolare le pagine che parlano dell’ “Altra Corato”, essendo i miei genitori emigrati in America e poi rientrati negli anni ’70 a Corato. Ho sposato un mio compagno di scuola frequentata durante la permanenza all’estero. Dal giorno del matrimonio la nostra vita di coppia si divide tra Corato e la mia patria adottiva. L’inverno lo trascorro nel clima tiepido pugliese, l’estate nelle fresche terre limitrofe allo Stato del Canada. Lì ho ancora tanti amici. Tra i tanti una famiglia in particolare, quella dei Cusanno. Con questa lettera voglio far loro una sorpresa pubblicando la foto che li ritrae al completo, inviatami di recente. Al centro, in primo piano (tra le braccia ha l’ultimo arrivato) la sig.ra Enza Abbattista con il marito Nino Cusanno. Emigrati in Rochester (N.Y.) nei primi anni ‘60 del secolo scorso, la loro unione è stata allietata dalla nascita di ben quattro figli, che a loro volta si sono moltiplicati in una ventina di nipoti. Il sig. Cusanno si è affermato brillantemente nella Kodak ed anche i suoi figli, tutti laureati, ricoprono oggi ruoli imprenditoriali e professionali di prestigio. Certa della Vs. attenzione, porgo cordiali saluti a tutto lo staff.

Nicki Arbore

LO STRADONE SETTEMBRE 2015

20150715 203608Una porta che conduce alla luce dell’anima

Epilessia ed arte, l’una il punto di forza dell’altra nelle opere di Nicolas Vangi

di Mariangela Azzariti

Nicolas Vangi, discendente di una famiglia di coratini per la gran parte emigrati in America in cerca di fortuna, è nato il 23 maggio 1961 in Venezuela, a Turmero Edo Aragua. Suo nonno Nicola emigrò a New York, dove fondò una piccola azienda di grammofoni a corda poi incendiata dalla mafia. A seguito del rogo della fabbrica, nonno Nicola fece ritorno a Corato ed aprì il primo negozio di grammofoni della città, in Corso Garibaldi, nei locali che per anni hanno poi ospitato il biliardo. Anche questa bottega però fu incendiata e l’attività trasferita poco distante, dove poi è rimasta in pianta stabile, sempre al passo con i cambiamenti e le nuove tecnologie. «Mio nonno - ricorda Nicolas – ripeteva spesso di aver fatto più fortuna a Corato che in America».

Unitosi in matrimonio con Grazia Lobascio, dal loro legame nacquero sei figli: Michele (emigrato anch’egli negli Stati Uniti da giovane, è il fondatore di un’azienda leader nella produzione di pasta fresca che esporta in numerosi Stati), Cataldo, Antonio (padre di Nicolas), Francesco, Giuseppe, Vittorio ed Umberto. Quest’ultimo succedette al papà Nicola nell’attività di famiglia.

Antonio, dopo aver lavorato sin da ragazzino come salumiere presso le storiche salumerie Balducci e Mangione ed aver assolto agli obblighi di leva, nel 1951, a soli 22 anni, emigrò in Venezuela contro la volontà del padre che, avendo vissuto sulla sua pelle sofferenze e difficoltà dell’immigrazione, voleva preservare i figli da tali dispiaceri. A Corato il giovane Antonio lasciò anche la fidanzatina, Antonia Cannillo, alla quale, prima della partenza, promise di sposarla entro cinque anni. Impegno mantenuto. Imbarcatosi dal porto di Napoli sulla nave Urania II, insieme ad altri 1.800 connazionali alla ricerca di una vita migliore lontano da quell’Italia che stava pagando le conseguenze del secondo conflitto mondiale, Antonio giunse a destinazione dopo una traversata lunga ben 18 giorni. Il mattino seguente al suo arrivo lavorava già a Caracas, assunto come elettricista da una importante compagnia olandese.

Nonostante l’oceano li avesse divisi, il giovane Antonio non dimenticò quella promessa fatta alla fidanzata prima della sua partenza e, nel 1956, la sposò per procura nonostante il disaccordo dei suoi genitori. Subito dopo la celebrazione delle nozze, anche la giovane sposa partì alla volta del Venezuela per ricongiungersi con il suo amato e costruire insieme quella famiglia che tanto avevano desiderato e sognato. Da questo amore, così forte da resistere al tempo ed alla lontananza, sono nati quattro figli: Grazia, Nicolas, Isa e Tony.

Il secondogenito Nicolas vive nel paese natio fino all’età di 19 anni quando, nel corso della tappa a Torino del viaggio in Europa ricevuto come regalo per il diploma di maturità, decide di proseguire i suoi studi artistici iscrivendosi all’Istituto d’Arte Applicata e Design.

A partire dai 18 anni, la sua esistenza viene segnata dall’epilessia: alla nascita, il cordone ombelicale lo aveva quasi soffocato ed il piccolo Nicolas aveva riportato danni neurologici manifestati, attraverso crisi epilettiche, solo dopo il compimento della maggiore età. Questa patologia, estremamente invalidante tanto da mettere in pericolo la stessa vita dei soggetti che ne soffrono, è divenuta in realtà il punto di forza di Nicolas tanto da emergere anche nella sua arte.

Il giovane intanto compie con successo i suoi studi in Italia, vincendo anche un concorso di grafica pubblicitaria e, al termine del percorso formativo presso l’Istituto d’Arte Applicata e Design di Torino, fa ritorno in Venezuela dove lavora dapprima come grafico pubblicitario presso un’azienda ed inaugura poi il suo studio pubblicitario, gestendo gli spot delle più importanti realtà industriali del Paese e collaborando con le più prestigiose emittenti radio-televisive. La sua attività si espande al punto di poter contare su 15 collaboratori fino al 1998 quando, a causa della sovraesposizione mediatica del presidente Chávez e della sua politica volta a limitare e soffocare la libertà di comunicazione, è costretto dapprima a dimezzare il personale e poi a chiudere i battenti del suo ufficio, decidendo così di emigrare negli Stati Uniti. «In Venezuela mi sentivo soffocare, non ero più libero. Così, pur non conoscendo bene l’inglese, ho fatto i bagagli e sono partito alla volta di New York. Qui, per mantenermi, ho fatto i lavori più umili. Poi mi sono trasferito a Miami, dove ho iniziato ad introdurmi nel settore pubblicitario prestando, però, una particolare attenzione alla pittura, che fino ad allora aveva rappresentato il mio principale hobby». In Florida, Nicolas, da sempre appassionato dell’arte rinascimentale ed umanistica di Michelangelo e del suo stile pittorico particolarmente marcato nelle forme, ha iniziato a dipingere nudi artistici.

L’epilessia intanto non gli dà tregua: a seguito di una crisi avuta in un locale pubblico, Nicolas viene condotto in carcere psichiatrico, ad una settimana dall’ottenere la cittadinanza americana, perché ritenuto psicopatico dagli agenti di polizia che, erroneamente, al momento della cattura, ipotizzano persino che egli faccia abuso di sostanze stupefacenti.

Scarcerato dopo due giorni di reclusione grazie all’aiuto dei suoi parenti giunti prontamente dal Venezuela ed al lavoro del suo avvocato che riesce a dimostrare l’insussistenza delle accuse mosse a suo carico, si avvicina alla Epilepsy Foundation of Florida, una onlus che si occupa di coloro che soffrono di epilessia, sperimentando metodi alternativi volti a ridurre la frequenza delle crisi. Diviene insegnante nell’ambito del programma “Arte e Terapia” organizzato dalla Epilepsy Foundation of Florida e sperimenta sulla sua stessa pelle i benefici della pittura come veicolo di energia positiva e metodo per rilassare il corpo: man mano che la sua produzione artistica aumenta, le crisi epilettiche diminuiscono sempre più, tanto da convincere i medici che lo seguono da sempre, a ridurre drasticamente le dosi dei medicinali somministrati.

«Mi accorgevo sempre più che la pittura gratificava il mio spirito, così ho abbandonato pian piano il settore pubblicitario per dedicarmi totalmente alla produzione artistica». Nel 2012, una sua opera, “Studio E”, viene selezionata ed acquistata dalla società Lundbeck International. La sua carriera artistica da quel momento è tutta in ascesa: si susseguono mostre in Florida, a Chicago e New York e la sua arte sbarca oltreoceano, aprendo anche importanti manifestazioni in Svizzera e vincendo prestigiosi premi in Spagna. Le sue opere sono molto ambite e possono arrivare a costare anche 15.000 Euro.

I dipinti di Nicolas affermano la sua stessa esistenza, ambientati nei luoghi della mente e dell’universo, dove costellazioni di neuroni, sensazioni e sinapsi si impregnano di senso e colore, mostrando che l’epilessia non è un limite, bensì una porta che conduce alla luce dell’anima. Questa luce interiore, che radiosa emerge dalle sue opere, ha dato anche il titolo ad alcune sue mostre, in ultimo la personale tenuta lo scorso anno a Madrid.

Da quasi tre anni vive facendo la spola tra Madrid e Miami, dove i suoi lavori sono esposti in prestigiose gallerie d’arte permanenti, non rinunciando a far tappa, almeno una volta l’anno, a Corato per far visita ai suoi genitori che, dopo una vita in Venezuela, sono tornati nel paese d’origine. «Sono orgoglioso di essere figlio di coratini – ha affermato Nicolas, visibilmente emozionato – Quest’anno ho voluto regalarmi un intero mese a Corato da trascorrere con la mia famiglia e tutti i parenti che vivono qui».

Tanti i progetti in cantiere per il prossimo futuro: una mostra a Miami il prossimo novembre ed un’esposizione in Cina il prossimo anno. Tra l’America e la Cina, Nicolas ha in serbo anche una piacevole sorpresa per i coratini, che a breve avremo il piacere di svelare.

 

LO STRADONE OTTOBRE 2015

Jean-louis Marzocca

Corrispondente a Grenoble de “Le Dauphiné Libéré”

Di Marina Labartino

Jean louis marzoccaLa mia conoscenza con Jean-louis Marzocca risale a un paio d’anni fa, in occasione delle celebrazioni del trentennale dell’Associazione “Coratini di Grenoble et d’environs” tenutesi l’8 e il 9 marzo 2014 nella capitale del Delfinato.

Un incontro fugace, il tempo di scambiarci i bigliettini da visita, perché entrambi, ciascuno per il proprio giornale, impegnati a fotografare i momenti più salienti e registrare le dichiarazioni dei protagonisti dell’evento. Jean-louis era lì per conto de “Le Dauphiné Libéré”, organo di stampa sovra territoriale corrispondente alla nostra Gazzetta del Mezzogiorno. La sua venuta a Corato, dopo un’assenza durata qualche anno, ha consentito un incontro più approfondito in redazione.

Giovanni Luigi Marzocca, registrato all’anagrafe francese come Jean-louis, è nato a Grenoble il 30 luglio 1951 da Francesco ed Elvira Di Candido.

La famiglia del padre, Francesco Marzocca, conosciuta a Corato con l’agnome “Pastaniedde”, produceva e commerciava all’ingrosso mandorle, olive, uva. Poi Francesco parte per il fronte. Al rientro dalla 2^ guerra mondiale sposa l’amore della sua vita ma, rendendosi conto che le condizioni economiche del sud Italia non garantivano più una vita dignitosa, nel 1946 decide di emigrare su suggerimento di un amico che gli segnala l’ampia richiesta di manodopera della città di Grenoble. Entra come operaio nella Merlin Gerin, nota fonderia, oggi Schneider Electric, dove resta fino alla pensione.

Passano soltanto due anni e Francesco viene raggiunto dalla giovane moglie che trova subito impiego nel settore della pelletteria come guantaia. L’impegno lavorativo di Elvira si interrompe alla nascita di Giovanni/Jean-louis, anche perché, dopo soli 2 anni, arriva Salvatore e nel 1958 l’ultimogenito Pierre.

DA OPERAIO A FOTOREPORTER

Jean-louis segue regolarmente le scuole francesi fino all’età di 15 anni. Dopodiché entra come apprendista in una fabbrica di porte e finestre e qui resta fino al 1969. Contemporaneamente frequenta corsi serali di disegno dal vero. Il professore nota in lui una spiccata propensione nel cogliere i particolari e lo indirizza verso la specializzazione in fotografia.

All’età di 22 anni conosce colei che diventerà la sua compagna di vita, Marlene Datti, di origini fiorentine, dalla quale avrà due figli: Adrien (oggi 33 anni) e Arnaud (25).

Si incontrano nella profumeria dove la giovane svolge la professione di commessa. Quando il proprietario, ormai anziano, decide di mettere in vendita l’attività i due fidanzati non si fanno scappare l’occasione. Rilevano il negozio pagandolo a rate. Mentre Jean-louis si dedica al commerciale, prendendo contatti con i marchi profumieri più prestigiosi della Ville Lumière, Marlene si occupa di ampliare l’organico. La strada per il successo è aperta, ma a Jean-louis il settore sta stretto. Incoraggiato dall’esito positivo sviluppa una rete di contatti nell’ambito della moda. Partecipa alle sfilate dei più noti stilisti ed avvia un negozio di abbigliamento che segue le orme della profumeria trovando un vasto consenso di pubblico.

La svolta avviene nel 1982, quando il titolare di una importante azienda di autotrasporti, amico di studi universitari di Marlene, decide di entrare in politica e scendere in campo alle municipali. A sostegno della sua campagna elettorale fonda un mensile free press con il nome “La Tribune de Grenoble” e affida la direzione proprio al nostro Marzocca. Tiratura pari a 100.000 copie, al suo interno tre giornalisti in pianta stabile e tre addetti a raccogliere pubblicità, più una serie di free lance.

Malgrado l’insuccesso politico del suo fondatore il giornale incontra il favore dei lettori. Continua quindi le pubblicazioni cambiando il nome della testata in “La Tribune de l’Avenir” e porta all’affermazione di un altro politico: Alain Carignon, alla guida della città di Grenoble come sindaco dal 1983 al 1995, ministro per l'Ambiente del II Governo Chirac (1986-1988) e ministro della Comunicazione del governo Balladur (1993-1994).

Carignon è stato più volte in visita a Corato, in particolare quando - sotto l’amministrazione guidata dal sindaco Sciscioli, durante i festeggiamenti di San Cataldo 1987 - è stata intitolata la ex piazza Corsica alla città di Grenoble, inaugurando il bronzo del Magnificat realizzato dallo scultore francese Jean Etienne.

In tale circostanza anche Jean-Louis era presente per riportare su “La Tribune de l’Avenir” la cronaca dell’evento.

Diversi anni dopo il nostro collega ha fatto parte dell’entourage di Michel Destot per raccontare sulla sua testata giornalistica l’evento che celebrava l’atto ufficiale di gemellaggio tra Corato e Grenoble, ratificato nel 2002 da Destot e dal sindaco Ruggero Fiore, conclusione di un percorso iniziato nel 1982 con la sottoscrizione del primo protocollo di amicizia da parte dei sindaci Hubert Doubedout e Mario Modesti.

Nel 1995 “La Tribune de l’Avenir” chiude i battenti. Marzocca si gode un periodo di pausa sabbatica, dopodiché accetta di entrare a far parte della squadra di fotoreporter nel quotidiano più affermato nel territorio dell’Isère, corrispondente al dipartimento francese della regione del Rodano-Alpi, il cui nome deriva dall’omonimo fiume che scorre nel suo territorio.

Qui lavorano 700 persone, la redazione fissa circoscritta alla città di Grenoble conta ben 60 giornalisti, sforna 300.000 copie al giorno (quasi tutte vendute) al costo di 0,90 euro ed è ricchissimo di inserzioni pubblicitarie (beato lui!).

Marzocca oggi è nonno del piccolo Kelio, prossimo a compiere il suo primo anno di vita.

«CORATO, OASI DI BENESSERE»

Marzocca con marina labartino sul balcone della sede de lo stradoneChiedo al collega cosa apprezza di Corato.

«Vengo spesso nella mia città di origine – racconta in un perfetto italiano dall’accento melodiosamente francese - talvolta per lavoro, altre semplicemente per accompagnare quegli amici che hanno dimenticato o non hanno mai conosciuto Corato. Devo dire che, sia io che loro, ammiriamo la pulizia piuttosto diffusa e l’aria di sicurezza che si respira, passeggiando anche fino a sera inoltrata per le sue vie. A Grenoble, dopo le 20,00 nessuna ragazza può avventurarsi da sola. Ad una certa ora la città si desertifica, solo i giovani frequentano luoghi di ritrovo circoscritti al proprio quartiere. Se parli al cellulare devi guardarti alle spalle per evitare scippi. Sempre più assente il rispetto per gli anziani, che alla sera non sono neanche padroni di godersi una boccata d’aria seduti alle panchine. Un degrado sociale che non si sa come arginare ».

Alle ultime amministrative a Grenoble si è affermato il partito degli ecologisti.

«Il nuovo sindaco Erich Piolle, è un giovane intelligente con il quale sono in buoni rapporti e mi ha promesso che anche lui farà visita a Corato. Ci tengo veramente tanto perché sono certo che apprezzerà moltissimo la vostra città. Piolle persegue quanto promesso in campagna elettorale, cioè la rivoluzione green di Grenoble. Punta molto sulle piste ciclabili per abbattere il traffico caotico; per chi pedala al di fuori di esse sono previste multe pari a ben 100 euro. Piolle intende anche abolire le telecamere di sorveglianza perché ritiene vìolino la privacy personale e sostiene che la questione sicurezza debba essere appannaggio della Polizia di Stato e non di quella municipale, tra l’altro sprovvista di armi. Sulla stessa lunghezza d’onda di Parigi, anche a Grenoble Piolle ha dichiarato guerra ai cartelloni pubblicitari decretandone la rimozione per motivi di decoro urbano e promettendo di piantare al loro posto una cinquantina di giovani alberi. L’unica pubblicità esterna sarà quella affissa alle fermate degli autobus e quella legata alle iniziative a sfondo sociale e culturale. Per rendere più vivibile Grenoble si progettano dunque interventi che, come è ovvio, non sono condivisi da tutti gli abitanti. In particolare dissentono i commercianti e titolari di negozi. Vedremo come il sindaco affronterà la situazione nel corso del suo mandato».

Parliamo di cibo e tradizioni coratine.

«L’Italia, la Puglia e Corato compresa sanno come “prendere per la gola” i turisti. L’albergo dove abbiamo soggiornato è delizioso. Con la piccola comitiva da me guidata abbiamo poi pranzato e cenato in diversi locali: pesce freschissimo e prodotti tipici stagionali, vere leccornie che non si faranno dimenticare facilmente. Alcuni compagni di viaggio mancavano da Corato da circa 40 anni. Ne hanno apprezzato il progresso e stanno acquistando piccoli appartamenti, ma anche belle villette in zona residenziale, perché convinti che la vostra città sia una vera oasi di pace immersa in un ambiente salubre, nella quale hanno intenzione di trascorrere lunghi periodi».

Legami affettivi con la nostra città?

«Tanti. Non solo ricordi d’infanzia: con i miei genitori venivamo spesso a trascorrere le vacanze estive a casa dei nonni, prima in via Salvator Rosa, poi in via Capoccia da Roma. Quasi tutta la famiglia di mio padre e mia madre è rimasta a Corato, quindi ho tanti zii e cugini. In particolare venivo a trovare la sorella di mio padre, Tina Marzocca vedova Quatela che abita al 6° piano della vostra sede. È stata un’emozione salire da voi con l’ascensore antico, di cui ricordo quando, per farlo funzionare, bisognava mettere le monetine. Oggi ritorno a Corato sempre con piacere anche in compagnia dei miei figli. Faccio loro da guida e ogni volta scopro quanto sia incantevole attraversare le viuzze o le piazze del centro storico, spesso luogo di eventi ricreativi o culturali che li rendono pieni di vita».

Ti senti più francese o italiano?

«La Francia è la mia terra. Lì sono nato, ho studiato, trovato l’amore, costruito una bella famiglia e mi sono affermato professionalmente. Ma devo dire che sin da piccolo, quando mi chiedevano se fossi italiano, mia madre mi ha insegnato a rispondere con orgoglio: No, sono Coratino».

 

LO STRADONE LUGLIO 2016

LO STRADONE LUGLIO 2016

Sotto il treno a far la spesa

L'immagine di Aldo Marcone decora il più noto mercato di Grenoble

Di Marina Labartino

Cataldo marcone con la moglie nel teatro comunale di coratoIl mercato più fornito di Grenoble, noto ai cittadini d'oltralpe come le ‘Marché de l’Estacade’, si dipana lungo Avenue de Vizille - Cours Jean Jaures, precisamente sotto i piloni che sorreggono la ferrovia sopraelevata. Dista poche centinaia di metri da Rue Leo Lagrange, ove ha sede l'Associazione Coratini di Grenoble ed Environs, presieduta da Savino Ferrara, ed è un punto di riferimento anche per la comunità coratina che quivi risiede.

L’originale collocazione risulta abbellita da una serie di pitture murali in costante evoluzione, realizzate da Jerome Favre, artista del pennello, il quale ha voluto rendere omaggio ai mercatali e ferrovieri, riproducendo con colori vivaci scene di mercato quotidiano comprese le sembianze di alcuni storici esercenti circondati da fiori, frutta e verdura: un ‘liberty’ dei giorni nostri che valorizza una parte di città dandole un’anima certamente più allegra rispetto al grigio-cemento originale. Da circa quattro mesi gli habitué del mercato hanno avuto la sorpresa di scoprire che, una delle tante fisionomie ritratte, corrisponde al viso di un coratino.

 

 

 

 

Sam 0724La sua immagine è stata pubblicata il 10 aprile 2016 sul giornale storico di Grenoble, Le Dauphiné Libéré, ma, senza alcuna presunzione, solo noi abbiamo il piacere di raccontare la storia della sua umile e feconda vita.

Cataldo Marcone, conosciuto al Marché de l’Estacade come Aldo, è uno tra i più anziani produttori/commercianti del luogo, colui che, fino a qualche tempo fa, portava quotidianamente sulla sua bancarella quanto di meglio la stagione gli consentiva di raccogliere nel suo appezzamento di terreno: odorosi fiori dalle sfumature arcobaleno, ma soprattutto frutta, verdura e ortaggi dal sapore incomparabile, in quanto coltivati secondo le norme stabilite da quella che in francese viene definita "agriculture raisonnée", tesa cioè a limitare i rischi d'inquinamento e a tutelare l'ambiente.

Classe 1933, quando da ragazzo risiedeva ancora a Corato, Aldino era prevalentemente un commerciante di mandorle e olive ma, in tempi di magra, si adattava a fare un po' di tutto, pur di portare a casa "la giornata". Come molti giovani dell'epoca sognava un'occupazione che gli garantisse un'entrata sicura per poter mettere su famiglia, cosa che, nella metà degli anni '50 del secolo scorso, nel nostro paese risultava quantomeno aleatoria.

Una delle lettere inviate dalla sorella Gemma Marcone - che intanto aveva raggiunto Grenoble insieme al marito Leonardo Nesta per lo stesso motivo - lo informava che in quella città vi era una richiesta notevole di muratori.

A portare sulle spalle pesanti sacchi di mandorle od olive Aldino ci era avvezzo, per lui non faceva alcuna differenza sostituirli con altrettanto pesanti mattoni o secchi colmi di cemento. La decisione fu presto presa, malgrado le resistenze dei genitori che si vedevano privati anche del, seppur limitato, aiuto economico dell'ultimo figlio.

In una tasca il biglietto del treno della speranza, nell'altra pochi spiccioli per le necessità immediate, nella mano una valigia di cartone stretta con lo spago per tenerla ben chiusa, Aldo si armò di coraggio e partì verso l'ignoto, per approdare in una terra che aveva individuato confusamente solo sulla carta geografica del sussidiario di scuola elementare, senza avere alcuna nozione di lingua e consuetudini.

Marcone nel 1959 a grenoble insieme ai colleghi muratoriÈ il 1956, Aldino, forte dei suoi giovani anni e risoluto a conquistare una posizione economica che il suo paese non permetteva, viene immediatamente assunto dall'Impresa Carpano, nella quale resta dodici anni. Poi il settore dell'edilizia subisce un ridimensionamento, la ditta comincia a licenziare e Aldo passa in un'azienda metalmeccanica come operaio quando, nel 1979, un grave incidente sul lavoro lo rende inabile a svolgere la sua mansione.

Nel frattempo aveva messo su una numerosa famiglia e urgeva trovare subito un'altra occupazione. A distanza di tre anni dalla sua partenza verso Grenoble, infatti, rientrando a Corato per trascorrere le festività patronali, casualmente si imbatté in una vecchia conoscenza di quartiere. Galeotta fu una passeggiata sull'estramurale, all'angolo di via Bove, nei pressi della sala ricevimenti di Pengequìlle (oggi sede della Chiesa Evangelica Pentecostale) dove rivide la diciannovenne Maria Cipriani che spiccava per bellezza nel gruppo di amicizie comuni. Fu un colpo di fulmine. Il matrimonio venne celebrato dopo soli sei mesi, e festeggiato proprio in quella stessa sala nelle cui vicinanze avvenne l'incontro.

In Francia, la prima residenza dei novelli sposi fu nel quartiere Saint Laurent, in una casa al secondo piano di Quai Perrier, affacciata sul fiume Isère, definito la "Little Italy grenobloise". L'unione fu allietata in sei anni da quattro figli: Michèle, Mariline, Oliver ed Anna. Furono anni di duro lavoro, durante i quali la coppia riuscì a mettere da parte la somma necessaria per acquistare un appartamento a Rue General Mangin, dove tutt'ora dimora, ed un terreno di 5.000 metri quadri in zona Versau, distante una decina di chilometri da Grenoble.

Se prima dell'incidente dedicarsi all'agricoltura rappresentava solo un hobby per trascorrere qualche ora all'aria aperta e motivo di sostentamento per la famiglia, ora per Aldo mettere a frutto l'esperienza acquisita in passato dai genitori diventa una necessità.

Nel 1980 aumenta la produzione di ortaggi, verdure e fiori, si fornisce di regolari autorizzazioni per svolgere la professione di coltivatore diretto ed approda a Le Marché de l’Estacade in qualità di rivenditore a filiera corta (dal produttore al consumatore); attività che pratica fino al 2015, oggi rilevata dal figlio Olivier.

Nel corso degli ultimi 35 anni, grazie al suo carattere cordiale ed allegro, Aldo è diventato una delle figure di riferimento de Le Marché de l’Estacade, il più anziano, apprezzato e conosciuto tra i mercatali, motivo per cui il suo volto - ritratto sia com'era in gioventù, sia com'è oggi, immerso in un fascio di ortensie viola - è stato scelto per decorare la prima parete di accesso al mercato.

Aldo, felicemente in pensione, e la moglie Maria continuano a tenere stretti rapporti con la loro città natale. Trascorrono spesso lunghi periodi a Corato, circondati dall'affetto dei numerosi nipoti. Qui si sentono sempre a casa; percorrono le strade del paese con piacere, alla ricerca di quei sapori che risvegliano in loro le emozioni vissute durante l'infanzia. Si dividono quindi tra l'amore per la città d'origine e quella adottiva, come fanno molti altri coratini ormai radicati a Grenoble.

Chiunque si rechi dunque al Marché de l’Estacade per far la spesa al mattino sotto i ponti, dal martedì alla domenica, potrà dunque immergersi in un lungo serpentone di bancarelle animate da profumi e colori, divertirsi a spaziare tra la merce fresca e quella dipinta, certo di trovare un po' di tutto ... persino il volto sorridente di un coratino che, nella sua semplicità, ha contribuito al progresso della società che lo ha accolto, distinguendosi per la sua onestà e simpatia.

LO STRADONE APRILE AGOSTO 2018

LO STRADONE APRILE 2018

Dominique rutigliano oggi davanti la mc2Dominique Rutigliano

Coratino celebrato a Grenoble in occasione del 50° anniversario dei Giochi Olimpici Invernali

Di Marina Labartino

Nel febbraio 1968 hanno avuto luogo a Grenoble i Giochi Olimpici Invernali che all'epoca rappresentarono una svolta nella storia del moderno Olimpismo. A distanza di 50 anni, il sindaco Eric Piolle ha voluto celebrarne l'evento onorando - attraverso numerose iniziative promosse nel dipartimento d'Isère - non soltanto le gesta degli sportivi, ma rendendo omaggio anche a quei lavoratori, donne e uomini, soprattutto stranieri che, dal 1965 al 1968, hanno partecipato alla costruzione di edifici, strade, servizi integrati, modificando la fisionomia della città e del territorio circostante, contribuendo al progresso tecnico e allo sviluppo culturale della capitale del Delfinato.

Tra i tanti emigrati italiani pure un nostro connazionale. Dominique Rutigliano è stato uno degli operai - selezionato tra tanti per rappresentare la società nella quale ha lavorato - che si è reso protagonista della realizzazione degli impianti idraulici e dei sistemi antincendio delle tre più importanti strutture grenobline: La Maison de la Culture (oggi MC2), l'Hotel de Ville (il Municipio) e Le Musèe Dauphinois.

Su incarico del Municipio, il fotografo Bernard Meric ha scattato 35 immagini di lavoratori stranieri: arabi, portoghesi, italiani ecc. Le foto sono state esposte nella mostra "Ils ont fait les Jeux" allestita nella Maison de l'Internazional dal 5 febbraio al 5 aprile 2018 con l'obiettivo di "mettere in luce quei visi per lungo tempo rimasti nell'ombra. Immagini che riescono a trasmettere una certa nostalgia, ma anche l'entusiasmo di riaprire il libro dei Giochi Olimpici".

Quattro di queste, dalle dimensioni gigantesche, raffiguranti altrettante persone, sono state scelte per essere affisse sulle fiancate dei tram durante tutto il mese di febbraio.

All'evento è stata data ampia risonanza, attraverso vari organi di stampa: siti internet, quotidiani e televisioni.

Ed è proprio un articolo a firma di Salèra Bernabia, apparso su Le Dauphinè Libèrè il 5 febbraio scorso, che ha aperto la serie di approfondimenti dedicati all'argomento con una intervista al nostro Dominique.

"È arrivato davanti la MC2 avvolto nel suo pesante cappotto nero. I decenni trascorsi a Grenoble non l'hanno assuefatto al freddo. Porta con eleganza i suoi anni, tracciati nei solchi impressi sul suo viso pallido. Dominique Rutigliano torna davanti alla Maison della Cultura, che si presta quale sfondo alla sua immagine. Perchè per una volta, non è la MC2 ad essere celebrata, bensì lui, l'uomo nell'ombra, formica operaio a cui bisogna dire grazie per il lavoro svolto in questi anni. A lui va il merito di aver contribuito alla trasformazione della città, impegnato nel progetto di alcune opere realizzate durante i Giochi Olimpici. È a lui che si deve la realizzazione della rete antincendio dell'edificio culturale. «Mi sono occupato di predisporre la rete di tubazioni di riscaldamento, sanitari e impianti antincendio per conto dell'impresa Forestier». Aveva 23 anni e non contava nè le ore e neanche l'importo della busta paga, pari a 1.050 franchi, lo stretto necessario per provvedere a se stesso e a sua moglie. Mai si sarebbe potuto permettere una giornata sui campi da sci. Le imprese di Killy (Jean-Claude Killy conquistò tre ori in altrettante specialità sciistiche, vincendo slalom speciale, slalom gigante e discesa libera, ndr) erano da lui seguite solo attraverso la tv, a fine giornata, come per la maggior parte degli operai. «Lavoravo 66 ore a settimana. All'epoca se perdevi il lavoro alla sera, ne trovavi subito un altro l'indomani. Ma se confronto la situazione con quella odierna, posso dire che le garanzie attuali non esistevano, non eravamo trattati così bene». L'uomo che parla è memore di quattro traumi cranici, ossa del polso spezzate e calli pleurici calcificati ai polmoni. Tutto è scritto sul suo taccuino dove sono annotati anche gli operai della BTP e in particolare i suoi compagni di squadra: Lèo, Tonio, Maldera e Lotito.

Per Dominique la MC2 era un cantiere come un altro, come quello del Municipio di Grenoble e del Museo Dauphinois. Intanto i giochi olimpici gli hanno offerto una parentesi incantata: «Il mio titolare voleva mettermi in cassa integrazione, ed io non potevo permettermelo. Allora mi sono recato personalmente alla MC2 domandando al direttore se avessero bisogno di qualcuno». Sarà un macchinista in mezzo agli artisti. Quando Andrè Malraux pronunciò il suo discorso, quando Maurice Bejart presentò il suo balletto, Dominique, proprio lui, era dietro le quinte, attendendo istruzioni. Aveva 23 anni ma già tredici di esperienza lavorativa. A Corato, paese nel sud dell'Italia, aveva compreso ch'era necessario rimboccarsi le maniche per mangiare. Armato di una solida voglia di fare, l'apprendista gelataio-pasticciere da circa tre anni, lasciò la Puglia, come altri 17.000 coratini, verso una città sconosciuta chiamata Grenoble, dove i suoi zii l'aspettavano nei pressi di Très Cloitres, in un tenebroso locale di dodici metri quadri nel quale erano stipate ben undici persone. Dominique avrebbe gradito continuare a praticare il mestiere di pasticciere «ma nessuno volle assumermi, poichè era un impiego riservato ai Francesi... Per forza di cose mi sono rivolto alle industrie, però alla fine il lavoro mi è piaciuto, mi consentiva una certa libertà di movimento». Poi si ritrovò ad avere per vicina di casa Grazia, una graziosa italiana, sua futura moglie, l'amore della sua vita, dalla quale ha avuto due ragazzi.

Oggi, in occasione delle celebrazioni cittadine, grazie al lavoro realizzato dal fotografo Bernard Meric, Dominique fa parte dei bei ritratti di coloro che hanno contribuito ai Giochi Olimpici di Grenoble. Gli eroi ordinari passano dall'ombra alla luce."

«Sono profondamente onorato per questo riconoscimento - dichiara commosso ai nostri taccuini il signor Rutigliano - e vorrei condividerlo con tutti gli operai che in quel periodo hanno partecipato con me a questa esperienza, con gli amici di Corato e con tutta la redazione de LO STRADONE, il giornale sempre attento alle vicende di chi è lontano».

La MC2

I lavori per la realizzazione della MC2, denominata all'epoca Maison de la Culture, sono iniziati nel novembre del 1966. Il suo progetto rispondeva, all'interno della Carta Olimpica, all'obbligo di una animazione artistica durante i Giochi. Una struttura nata per volontà del sindaco di Grenoble, Hubert Dubedout, e del Ministro della Cultura Andrè Malraux che lo inaugura il 3 febbraio 1968. La MC2 è uno dei luoghi più importanti di Francia. Dal 2003 è stato infatti riconosciuto palcoscenico nazionale e anche "patrimonio del 20° secolo" di Grenoble.

LO STRADONE AGOSTO 2018

Gennaro Lastella, record italiano di paracadutismo

La storia della sua famiglia, da Corato a Grenoble, da Vercelli a Milano

Di Marina Labartino

Nel 1963, in un'Italia in pieno boom economico, un gruppo di 13 amici paracadutisti, decisero a Milano di dar vita al primo centro sportivo privato intitolato “Accademia Paracadutistica Italiana”. Tra i fondatori Gennaro Lastella, oggi 85enne, nato a Grenoble da genitori coratini, che, travolto sin da giovane da questa passione, ha effettuato circa 1000 lanci sopra città come Bologna, Pisa, Strasburgo e Torino per circa tre lustri, fino al compimento dei suoi 40 anni.

L’apice lo ha raggiunto nel 1968 quando, scaraventato nei cieli della città di Sion in Svizzera, ha conseguito il record italiano di lancio nel vuoto in gruppo, innalzando il prestigio della nostra città a livello nazionale.

Gennaro lastella e genny baldini il giorno delle nozze 1958LO STRADONE aveva già parlato di questo eccezionale primato sulle pagine del mensile a Novembre 2010.

Oggi riprendiamo le fila di tale testimonianza raccontando la storia dell'uomo e non solo quella dello sportivo, convinti che tutte le imprese dei nostri concittadini siano da ricordare con orgoglio, perché stimolano il nostro senso di appartenenza.

Gennaro nasce a Grenoble il 30 novembre 1933 da Raffaele Lastella (nato a Corato l'8 aprile 1911) e Lucia Di Gennaro (nata a Corato il 25 maggio 1914).

Nel primo dopoguerra, quando la situazione economica a Corato era delle più disastrose, l'ondata di migrazione fu notevole.

Lucia si stabilisce a Grenoble nel 1924 con la famiglia, Raffaele vi si trasferisce (da solo) nel 1927, attraversando a piedi il Frejus e strade tortuose tra montagne innevate, con gendarmi pericolosamente pronti a sparare a vista, com'era accaduto per tanti altri coratini.

Qui il lavoro non manca. Raffaele fa il fabbro, il muratore, il falegname ... e sogna una famiglia tutta sua.

Conosce Lucia - che appena tredicenne ha trovato impiego in una fabbrica di cioccolato - durante una festa organizzata dai coratini, ammassati nel quartiere Saint Laurent, al di là del fiume Isère, collegato da un ponte sospeso al resto della città, oggi diventato zona alla moda, in cui pullulano negozi, pub, spazi culturali, gallerie d'arte e palazzi secenteschi dalle pregevoli facciate ristrutturate.

Di acqua corrente neanche l'ombra; per pulire i panni si andava all'unico lavatoio del rione, frequentato abitualmente da tanti italiani. Oggi, dopo quattro generazioni, la popolazione di origine coratina residente a Grenoble conta circa 25mila abitanti.

Lucia e Raffaele convolano a nozze nel 1931 e nel 1933 nasce Gennaro. La parentesi nella capitale del Delfinato si chiude due anni dopo. I Lastella si trasferiscono a Vercelli con la speranza di rientrare al paese natale, ma ciò non accadrà mai. Nel 1937 stabiliscono definitivamente la loro dimora a Milano. Qui Raffaele è ingaggiato come lattoniere alla Taurus e per conto di tale azienda realizza copricatene per biciclette, all'epoca prioritario mezzo di locomozione per la maggior parte degli italiani; Lucia invece è assunta nella Richard Ginori, leader nella produzione di pregiate porcellane.

Nel 1940 nasce Cataldo e nel 1946 Marialuisa. Conciliare lavoro e famiglia per mamma Lucia diventa un compito difficile. I tre bambini vengono allevati dai nonni, richiamati da Corato a Milano per accudirli.

Intanto Gennaro, diventato adulto, apre una azienda serigrafica che produce cartelloni pubblicitari affissi sulle più importanti arterie stradali del territorio, comprese le autostrade, nel 1958 sposa Genny Baldini e dalla loro unione nascono Sergio e Lucia.

La famigliola di Gennaro trascorre tutte le estati a Corato, in una villa in contrada Maglioferro e al mare di Bisceglie, sempre circondata dall'affetto di cugini e pro-cugini con i quali non ha mai interrotto i rapporti, condividendo con loro feste, ricordi e risate.

Gennaro manca dalla nostra città soltanto da un anno e ha voluto rendere noto il racconto della sua vita ai lettori de LO STRADONE. Tra successi e storia quotidiana i migranti coratini hanno in passato saputo affermarsi nel mondo. Molti i giovani che oggi seguono questo esempio.